Non è una visione né una licenza poetica: «Il nuovo stadio dovrà essere un simbolo identitario, un luogo speciale dove i cagliaritani, la città, l'intera Sardegna dovranno riconoscersi». Il sindaco Massimo Zedda aspettava garanzie e l'architetto americano Dan Meis sembra avergliele date. Garanzie e conforto: «Ha capito subito quel che vogliamo. Lo stadio dovrà essere una casa dello sport ma anche un luogo speciale da frequentare, dove poter trascorrere le giornate». Dan Meis ascolta il sindaco è concorda. È architetto ma rappresenta anche il fondo d'investimento americano che dovrà - se la trattativa appena iniziata andrà in porto - realizzare il nuovo impianto nell'area dove sorge il vecchio Sant'Elia. L'americano la pensa come Zedda: «Ho voluto visitare la zona dello stadio per catturare l'emozione, i colori del mare, vedere la vicinanza del quartiere, immaginarlo poi inserito in una linea comune che lo colleghi alla città. Soltanto dopo aver fatto queste ricognizioni progetto gli impianti». Finora ha funzionato negli Stati Uniti, in Giappone, in Inghilterra, a Roma. Sarà così anche a Cagliari? L'architetto sorride: «Sono impaziente di mettermi all'opera». (p.p.)