Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Pensione, c'è chi ha detto no

Fonte: L'Unione Sarda
12 maggio 2014


I VIRTUOSI. L'imprenditore si dimise nel 2001, il sindaco di Cagliari nel giugno del 2011

Da Grauso a Zedda: via dall'Aula prima di maturare l'assegno 

Hanno età, storie personali, idee e, soprattutto, portafogli molto diversi. Ma li accomuna il fatto di aver fatto una scelta di alto valore morale in tempi non sospetti: Nicola Grauso e Massimo Zedda si sono dimessi dal Consiglio regionale prima di maturare il diritto all'assegno vitalizio.
L'ex editore lo fece nel dicembre del 2001 a 25 mesi dalla sua elezione con le insegne del Nuovo Movimento, che aveva creato qualche mese prima. Il suo partito era stato l'ago della bilancia in quella tormentata legislatura senza maggioranze nella quale in viale Trento si erano alternati Mario Floris, Mauro Pili e Italo Masala.
«Quando mi dimisi lo feci in tempo utile per evitare di maturare il vitalizio», racconta con distaccato orgoglio l'imprenditore che rivendica, anche in quel caso il suo ruolo di pioniere. «Mi fa piacere che ciò che dicevo allora sui privilegi si sia concretizzato». Grauso non demonizza il vitalizio in sé ma il fatto che lo si possa maturare dopo pochi anni di attività nelle istituzioni. «È giusto che lo riceva chi dedica la vita alla politica e solo a 65 anni. Sono certo che questo accadrà perché tutti i privilegi stanno scomparendo».
Massimo Zedda si era dimesso dal Consiglio regionale (ove era entrato a marzo 2009) il 23 giugno del 2011 dopo essere stato eletto sindaco di Cagliari. Le due cariche erano incompatibili, quindi avrebbe dovuto lasciare comunque l'assemblea legislativa, ma avrebbe potuto attendere che lo dichiarassero decaduto guadagnando il tempo necessario a maturare il vitalizio. Invece lo fece prima, con una dichiarazione in Consiglio comunale. «Già in campagna elettorale dissi che se fossi stato eletto sindaco mi sarei dimesso dal Consiglio regionale», spiega Zedda. «Mi sembrava ingiusto che io dopo due anni e mezzo di legislatura maturassi il diritto a incassare un assegno che sarebbe stato doppio rispetto a quello di 1400 euro che percepiva mia madre dopo quarant'anni di insegnamento. In quel periodo, interpellato sull'argomento, proposi di modificare le regole tornando ai principi che ispirarono la nascita del vitalizio: consentire a chi aveva dedicato la vita alla politica di non ritrovarsi sulla strada».
Sui diritti acquisiti, Zedda ha le idee chiare: «Non voglio giudicare nessuno ma credo che questo argomento agli occhi dei cittadini non regga visto che milioni di italiani hanno subito retroattivamente il taglio delle pensioni, il passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo, il progressivo aumento dell'età pensionabile. Non so se questo sia un intervento tecnicamente possibile ma sarebbe certamente opportuno».
Tra coloro che ritengono che i vitalizi non siano da cancellare ma che sia giusto percepirli a 65 anni c'è Renato Soru , dieci anni nella massima istituzione, che ieri ha twittato il suo pensiero: «Il Consiglio regionale applichi immediatamente anche in Sardegna il decreto Monti sui vitalizi da percepire dopo i 65 anni».
Fuori dalla Sardegna c'è chi ha fatto una scelta etica in tempi non sospetti: è Jerry Scotti , deputato nelle fila del Psi dal 1987 al 1992. È stato Matteo Renzi, due mesi fa, a rivelare che il noto presentatore gli aveva manifestato privatamente l'intenzione di rinunciare al vitalizio (che percepirebbe a 65 anni) ma di aver scoperto che è impossibile farlo. «Lo aiuteremo a rinunciarci», ha risposto il presidente del Consiglio.
C'è chi la scelta della rinuncia l'ha fatta sulla reversibilità. I figli di un ex consigliere sardista morto sette anni fa, a cui sarebbe spettato l'assegno, hanno deciso di non incassarlo. «Per percepire il vitalizio occorre farne domanda e avere, nel caso dei figli, determinati requisiti previsti dalla legge. Né io né mia sorella l'abbiamo fatta per scelta etica».
Fabio Manca