Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Grillo attacca: «Andrete a casa»

Fonte: La Nuova Sardegna
6 maggio 2014


VERSO LE EUROPEE


di Umberto Aime w

CAGLIARI Balle, balle, balle. Le raccontano gli altri, lui no. Beppe Grillo è «come Gesù», ha detto tempo fa quello che è il suo gemello monozigote e guru-clone del Movimento Cinque Stelle, Gianroberto Casaleggio, per poi lanciare una profezia: «Beppe dice messaggi contagiosi. Contagiosi come lo sono stati quelli del Nazareno». Eccole allora le ultime tavole di chi, nei panni del messia, vuole vincere le Europee del 25 maggio, per «mandarli tutti a casa». Grillo le ha scolpite alla sua maniera, a colpi di piccone, dal palco della piazza dei Centomila. A sentirlo, in diecimila, fonte questura di Cagliari, qualcosa in meno delle Politiche (2013) ma è sempre tanta gente. La carica a testa bassa è rimasta uguale a un anno fa, anche se in Sardegna ha saltato il giro delle Regionali (chissà perché) per riapparire – sulla stessa pedana – per quelle che ha catalogato come le «elezioni più importanti della Storia d’Italia». Vinciamonoi, è lo slogan del suo tour elettorale cominciato ieri e se davvero M5S dovesse a mettere in fila tutti gli altri, a far le valigie saranno in molti. «A cominciare da questo Stato che è morto in mondovisione per mano di Genny ’a carogna (l’ultrà del Napoli sugli spalti dell’Olimpico per la finale di Coppa Italia) ma che prima, molto prima, è stato tradito e condannato dall’ebetino (Matteo Renzi), da uno psicononano pregiudicato (Silvio Berlusconi) e da un esercito di associazioni a delinquere in cui dentro non ci sono delinquenti ma avvocati, notai, commercialisti e banchieri. L’unica differenza fra loro e Genny è che Genny ha in più i tatuaggi, ma quelli sono molto peggio di ’a carogna». Da qui, dalla cronaca di questi giorni, è partito Grillo, per dire che «oltre allo Stato, bisogna cambiare l’Europa e a Strasburgo dobbiamo sbarcare in massa come nel 2013 in Parlamento». Vincere. Si è detto sicuro del trionfo e con sarcasmo ha detto: «Abbiamo dalla nostra già l’89 per cento degli italiani, ci manca davvero poco per raggiungere la maggioranza assoluta». Spaccone, lo è sempre stato, ora che ha un avversario in campo aperto, il solito Renzi, Grillo lo è ancora di più. «L’ebetino vi racconta solo menzogne – ha sparato – sul lavoro, sulle banche, sull’Europa. Su tutto». Cannonate in grande quantità e la folla lo ha sostenuto. Il segretario nazionale del Pd l’ha fischiato e la stessa fine hanno fatto gli altri che Grillo ha infilato nel suo personalissimo museo degli orrori. Berlusconi è stato sbeffeggiato da ognuno dei diecimila in piazza, Carlo De Benedetti e Marco Tronchetti Provera, lapidati per i «loro affari fatti sulla pelle degli italiani», e poi sotto la lama della ghigliottina popolar-grillesca sono finiti il banchiere Alessandro Profumo, «dovunque vada accumula debiti ma riesce sempre a ottenere liquidazioni milionarie» e anche un suo ex grande amico, udite udite, Gavino Sale di Irs. «Con lui – ha detto Grillo – abbiamo organizzato grandi battaglie in difesa della Sardegna, però ora si è convertito e sta da un’altra parte». Un altro sogno. Grillo ha gridato che una volta «eravamo tutti di sinistra, sognavamo un mondo giusto, poi è arrivato il Pd, che ha disintegrato le nostre illusioni e fatto stravincere il capitalismo. Quel capitalismo – ha aggiunto – che ha impoverito l’Italia e diviso l’Europa fra ricchissimi e poveracci. Ebbene, chi ci ha messo al gioco di questi poteri forti oggi è come il cibo avariato: va gettato nel cestino». L’altra Europa. A colpi di vaffa, coglioni e cazzoni, Grillo ha demolito tutto quello in cui, secondo lui, si è trasformato il Vecchio e caro Continente: «È solo leggi e burocrazia di cui a noi cittadini comuni non vogliono far capire nulla. Ci tengono all’oscuro, negano la trasparenza, fanno quello che vogliono con i nostri soldi». A proposito di soldi: «Chissenefregra se è anticostituzionale, noi il referendum sull’euro lo faremo lo stesso, perché non possiamo permettere che la moneta unica continui a gonfiare le multinazionali e strapparci la vita». Per poi chiudere così: «È il popolo italiano che deve ritornare a essere padrone in casa sua, non la Germania». Detto tutto d’un fiato, senza però fare mai un accenno ai populisti d’oltre confine, quelli che continuano a corteggiarlo perché in lui vedono «il guerriero dell’anti-Europa». Chissà se alla fine Grillo cadrà nella tentazione di andare a braccetto con fascistelli, ultranazionalisti e xenofobi che continuano a spuntare, purtroppo peggio dei funghi velenosi, sulla terra ferma. Lo deciderà dopo il 25 maggio, prima no ma nel frattempo ha detto: «Votate Nicola Marini e Giulia Boi (i suoi due candidati alle Europee): loro sono gente perbene». L’altra Sardegna. A proposito di silenzi, Grillo non si è scusato con gli elettori sardi per aver saltato le Regionali di febbraio, e sull’isola non si è dilungato. Ha detto, nell’ordine: «Avete una storia meravigliosa, difendetela», anche se poi è scivolato, con poco gusto, sullo stereotipo della cadenza marcata come purtroppo si divertono a fare i nordisti più imbecilli. Ha aggiunto che «i pastori sardi non devono essere affamati con gli agnelli romeni», che «i minatori del Sulcis non possono continuare a estrarre un carbone inutile e pieno di zolfo per 1200 euro al mese», che «le banche devono smetterla di mettere all’asta le aziende», che «sole, cibo e cultura sono il vostro tesoro su cui dovete rinascere». È stato questo il suo verbo, perché gli altri «cari amici sardi, vi raccontano sempre, solo balle, su balle, su balle». Forse non è proprio così, ma bisogna dirlo. In campagna elettorale.