Nel 1943, nel caos della guerra, la statua del beato issata su un carro di fortuna
di Gianni Olla
Un camion percorre con difficoltà una città distrutta: le strade sono ingombre di macerie e i palazzi o le chiese in larga parte sventrati. Sopra il camion c'è una statua, mentre alcune decine di persone seguono quella che sembra, ed è, una vera e propria cerimonia religiosa. La città è Cagliari, la statua è quella di S.Efisio. La data è il primo maggio del 1943, un anno terribile per la Sardegna, e in particolare per il suo capoluogo, che, dal mese di marzo, fu continuamente bombardato e quasi desertificato dall'aviazione alleata. E dunque quelle macerie che circondano la statua del santo rappresentano quanto è rimasto di uno spazio urbano in cui anche gli abitanti sono ridotti a qualche migliaio di persone. La scena che abbiamo descritto sta in un film, un breve cortometraggio che Marino Cao, imprenditore cittadino da poco scomparso, cineamatore per passione, e soprattutto devoto al santo, filmò con una macchina da presa in 9mm. Fu lui stesso a persuadere il vescovo a "far uscire" dalla chiesa di Stampace il simulacro del santo per portarlo in processione, ovviamente senza alcuna pompa, fino alla chiesa posta sulla spiaggia di Nora, a venti chilometri dalla città, nella costa ovest. Quelle immagini straordinarie, conservate gelosamente da Cao, furono acquistate dalla sede regionale della Rai negli anni Ottanta. Restaurate da Maria Piera Mossa, regista e programmista cagliaritana scomparsa nel 2002, furono trasmesse nel 1987 con il titolo "S. Efisio nel 1943". Nel 1990, il programma di Leo Benvenuti e Enza Sampò, "La mia guerra", prodotto in occasione del cinquantenario dell'avventura bellica italiana, lo presentò su RaiTre nazionale e molti commentatori autorevoli sottolinearono la sua eccezionalità: un documento storico su quegli anni terribili senza alcuna forzatura "finzionale", ma in cui si rivela un'autentica drammaticità.
Visibile nella "Sardinia Digital Library", mostra inizialmente Marino Cao, insostituibile guida a quelli avvenimenti, capace di rievocare l'ansia dei cittadini ma anche la fede nelle virtù taumaturgiche del santo. Ma ovviamente, è proprio la mesta processione a caratterizzare il filmato. Efisio, per usare le parole di Cao, viene issato su un camioncino, usato fino a qualche ora prima per il trasporto del latte, che avanza tra le case distrutte. Alla sfilata iniziale si uniscono altri cittadini, e Cao riesce a sottolineare, con una sola inquadratura, lo stupore e la fretta di coloro che escono fuori, letteralmente, dalle macerie per seguire il triste corteo. Girato prevalentemente in campo lungo, per mostrare appunto il contrasto tra la desolazione della città e la fede nel suo protettore, il filmato si conclude di fronte alla stazione ferroviaria, anch'essa spaccata in due da una bomba. Qui Cao rivela la sua consapevolezza registica, spostando la macchina da presa sulle persone che si avvicinano al simulacro per toccarne i ricchi addobbi o per chiedere una grazia. Attraverso uno straordinario montaggio in macchina, l'unico possibile con quella cinepresa, il regista dà allo spettatore la sensazione di esserci, di far parte di quella cerimonia. La tragica processione diventa così l'emblema della seduzione naturale del cinema, capace di farci viaggiare nel tempo e nello spazio anche senza artifici scenici. ©RIPRODUZIONE RISERVATA