Il concerto Al Conservatorio di Cagliari Fresu Quintet,
questa è magia
S ono ormai tante, e differenti, le formazioni con cui Paolo Fresu circumnaviga da anni il mondo del jazz.
Il quintetto con il quale è stato protagonista l'altra sera al Conservatorio di Cagliari per l'apertura della diciassettesima edizione di “Forma e poesia nel jazz” ha però un peso particolare nella vita artistica del fiatista berchiddese: è lo stesso da trent'anni, da quando, cioè, una sera del 1984, il globetrotter del nostro jazz, riunì intorno a sé in Sardegna, Roberto Cipelli, Tino Tracanna, Attilio Zanchi, Ettore Fioravanti. Da allora, i cinque non si sono più lasciati, e il gruppo non si è mai esibito in assenza di qualcuno.
Un sodalizio del genere, non ha eguali nel jazz italiano e, guardando più in là, vanta anche pochissimi esempi in quello internazionale.
Va da sé, quindi, che dal vivo, come del resto, su disco, Fresu e compagni mostrano un affiatamento invidiabile, una comunicazione telepatica che li porta a comprendersi senza bisogno di guardarsi, come capita a coloro i cui rapporti poggiano su una frequentazione intensa e di vecchia data. Davanti a un pubblico devoto e numerosissimo (raramente, è capitato di vedere l'auditorium di piazza Porrino così pieno), il quintetto passa in rassegna buona parte dei brani che compongono il recente lavoro intitolato “i 30!”, licenziato per l'etichetta Tuk Music, fondata da Fresu qualche anno fa. Oltre alle qualità dei solisti, ciò che viene fuori, è la capacità dei singoli di saldare l'individuale al collettivo, di far respirare all'unisono il gruppo, di rendere semplice una musica a tratti complessa, producendo libertà e fluidità nei dialoghi, all'interno delle trame formali e del climax espressivo dei temi.
Tutti, insomma, sono parte integrante di un disegno creativo che abbraccia passato e presente, momenti solari o intimi, ricordi e divertente comunicativa, citazioni e rimandi, atmosfere di vario genere: jazz, soul, funky, arie d'opera.
Per quasi tutto il concerto, Fresu, utilizza il flicorno e flirta con l'elettronica, mentre Tracanna, alterna tenore e soprano, muovendosi tra razionalità e abbandono.
All'iniziale “T.R.E.A.P.”, del 2005, fanno seguito “Till the end”, “Trenta giorni”, “Giallefoglie” (che il trombettista dedica al figlio Andrea), “Chiaro”, “Crisalide”, “Gufo”, “Go Go B.”. Fino al bis di “Sono andati”, dalla Bohème di Puccini. Lunghi applausi.
Carlo Argiolas