CONSIGLIO REGIONALE.
Le rivendicazioni durante la seduta solenne
Sono passati 220 anni dal giorno in cui il popolo sardo cacciò i rappresentanti del governo sabaudo da Cagliari. Eppure il sentimento di rivalsa nei confronti dello Stato sembra essere immutato, almeno nelle parole dei consiglieri regionali che, ieri mattina, hanno celebrato in aula Sa Die de sa Sardigna.
Esagerato forse riassumere gli interventi definendo lo Stato un nemico, ma non è un eufemismo se la sensazione è quella di una controparte, al netto di posizioni più o meno dure. Inoltre, pensiero comune a tutti è che la ricorrenza non sia soltanto una celebrazione del passato ma anche un esempio. La seduta solenne inizia sulle note di Dimonios, suonato della banda della Brigata Sassari e di “Procurade e moderare”, inno della Regione Sardegna.
TUTELA DELL'AUTONOMIA Il presidente del Consiglio, Gianfranco Ganau è il primo a suonare il campanello d'allarme per lo scenario che si sta delineando a Roma: «Ci troviamo di fronte a una riforma che modifica l'assetto dello Stato in senso fortemente centralista e che limita e sottrae funzioni alle Regioni». Un atteggiamento, quello del Governo, che non trova il favore del presidente dell'assemblea che ribadisce l'indisponibilità a «fare un solo passo indietro su questi temi». Non solo, Ganau propone di passare dalle parole ai fatti per attuare «una revisione del nostro Statuto che vada nel senso opposto di una maggiore autonomia e autodeterminazione». Della revisione dello Statuto si parla da tempo e per Ganau «è un obiettivo non più rinviabile e soprattutto prerogativa del Consiglio regionale». Propositi maturati in un contesto di forte sentimento autonomista accresciuto dalla solennità della celebrazione nell'aula di via Roma. Per questo motivo il presidente del Consiglio avverte: «Dobbiamo fare in modo che questo incontro non appaia come una cerimonia imbalsamata e rituale. Deve essere un vero momento di avvio di un'azione quotidiana sui temi di una maggiore autonomia».
NON SOLO CERIMONIA Sul fatto che non ci si debba soffermare soltanto sull'aspetto celebrativo di Sa Die de sa Sardigna si è soffermato anche l'ex presidente della Regione, Ugo Cappellacci: «Non possiamo fermarci all'esercizio retorico ma dobbiamo vivere il 28 aprile per il suo senso di coraggio e ribellione». Il consigliere di Forza Italia evidenzia le numerose analogie tra la Sardegna di allora e quella di oggi «fatta di vicerè che non rispettano i nostri diritti e sono espressione di poteri che rappresentano interessi economici opposti a quelli della Sardegna». Il consigliere del gruppo Sardegna, Modesto Fenu chiede che «si festeggi la Sardegna 365 giorni all'anno perché la nostra cultura rappresenta l'ancora di salvezza». Il capogruppo dei Riformatori, Attilio Dedoni oltre a ribadire la necessità di «riscrivere lo Statuto», sottolinea che «la Sardegna deve essere nazione e non stato e le deve essere garantita l'autonomia economica per l'autogoverno». Gigi Rubiu, capogruppo Udc, prosegue sul solco del parallelismo tra la Sardegna dell'aprile del 1794 e quella di oggi con «uno sguardo al passato per non sbagliare nel presente». Rubiu parla dell'ipotesi di riforma del Titolo V e accusa lo Stato di «grave oltraggio nei confronti della Sardegna». Per la maggioranza ha preso la parola Gavino Sale (Misto) convinto che «Sa Die deve ancora venire. Come popolo sardo abbiamo perso qualche battaglia ma abbiamo la consapevolezza di vincere la guerra che ci garantirà un futuro di popolo».
LA MOZIONE A margine delle celebrazioni è stata presentata una mozione del centrodestra che chiede la convocazione urgente del Consiglio per sollecitare un disegno di legge per la riscrittura dello Statuto, entro 90 giorni. L'obiettivo è ottenere un confronto con lo Stato per «evitare che venga leso qualsiasi livello dell'autonomia nel processo di revisione della Costituzione».
Matteo Sau