L'ALLARME. Le condizioni logistiche fanno del rione una piazza ottimale per lo spaccio
Un rione periferico dalle «caratteristiche preoccupanti: un'organizzazione diffusa per favorire l'impunità di chi vende droga e l'anonimato di chi acquista». Così pochi giorni fa il procuratore capo Mauro Mura ha descritto Sant'Elia durante il convegno “Anche la Sardegna è terra di agromafie”?
Sono proprio le condizioni logistiche del quartiere e il suo isolamento ad aver fatto sì che diventasse una piazza ottimale per lo spaccio di sostanze stupefacenti di ogni tipo. Un rione insofferente e spesso definito blindato. Difficile entrare o uscire senza essere identificati. Sentinelle appostate in ogni punto d'accesso garantiscono un controllo capillare del territorio. Abusi edilizi di ogni genere come tettoie e muretti, inoltre, permettono agli spacciatori e ai clienti di trattare al riparo da occhi indiscreti. Il bunker del palazzo Gariazzo, per esempio, è stato buttato giù due anni fa. Gli operai dell'impresa incaricata da Area erano entrati in azione la mattina presto per un lavoro delicato: smantellare pezzo per pezzo il covo dello spaccio. Muretti, grate e filo spinato avevano trasformato la zona pilotis dell'edificio in una centrale della droga. Un luogo riparato e dotato di tutti gli accorgimenti necessari a consentire a pusher, tossicodipendenti e acquirenti occasionali di fuggire in presenza di carabinieri o poliziotti.
Le forze dell'ordine a Sant'Elia sono schedate e ben riconoscibili dai residenti anche in borghese. I fatti accaduti di recente non consentono di parlare di allarme a Sant'Elia, quella attuale è piuttosto una condizione che perdura nel tempo. Così come ci sono sempre stati i collegamenti con il quartiere di Is Mirrionis. Due compartimenti separati per quanto riguarda lo spaccio ma che hanno il vertice in comune: chi procura la droga destinata al mercato cagliaritano generalmente si rifornisce in Olanda o in Spagna ma anche in Campania. Quelli sono i canali privilegiati. I criminali nigeriani, invece, vengono sfruttati soltanto per il trasporto. Lo spaccio è in mano a persone del posto e le bande sono composte da padri, madri e figli. Ognuno a seconda delle proprie possibilità e capacità, contribuisce all'attività a conduzione familiare. Per molti, disoccupati, lo spaccio è la fonte di sostentamento primaria. L'allarme «non c'è», ha spiegato il procuratore Mura riferendosi alle infiltrazioni mafiose a Sant'Elia. Ci sono però «segnali da valutare con attenzione».
Veronica Nedrini