una delle vie del centro più lunghe. Anche alfabeticamente. Quattro vocali e ben cinque consonanti. Tali sono riportate anche nella dicitura del Palazzo Bacaredda (sede del Municipo) e all'Istituto tecnico per geometri (in via Grandi) intitolato all'illustre sindaco Ottone (1849-1921). Eppure alcuni, in atti pubblici e privati, si sono ficcati in testa che “Baccaredda” si scriva con due C. Convinzione che forse deriva dal fatto che siamo portati nel nostro parlare al raddoppio di qualsiasi consonante come se temessimo che da sola la poverina possa soffrire di solitudine. O anche da un errore dello scalpellino sulla sua tomba. Così è nata una corrente di pensiero, persino in luoghi deputati all'informazione, che sull'argomento non sente ragioni: le C sono due punto e basta. Inutile far vedere loro atti dell'epoca con la firma originale del cavalier Ottone. Persino la curatrice dei busti forgiati da Anna Cabras Brundo ha registrato qualche sguardo torvo per avere osato scrivere nel catalogo della mostra una sola C. A tutti loro, dominati dalla Dea della Testardaggine, non resta che domandare con quante C si scriva «E bac...».