Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

La risurrezione del Ctm

Fonte: L'Unione Sarda
10 aprile 2014


Corona: «Abbiamo affrontato i problemi da un nuovo punto di vista»

 

Azienda risanata in cinque anni di terapia-choc


Per salvare il Ctm e farne un'azienda sana ed efficiente sono serviti cinque anni di durissima terapia-choc. Scomparso il passivo e tornati a misura con una spending review giocata con grande anticipo, oggi gran parte dei dipendenti ha ricevuto perfino un premio extra di 250 euro in busta paga. Impensabile fino a non troppo tempo fa.
IL PROFESSORE Quando ci ha messo piede, nel 1996, accomodandosi sulla poltrona da presidente, il professor Giovanni Corona aveva di fronte soltanto macerie: un passivo da quindici miliardi (di lire), un manager che non trattava coi sindacati, parco-mezzi vecchio e sgangherato, novecento dipendenti che erano la prova vivente del clientelismo applicato al settore pubblico. Indicato da un sindaco di centrodestra (Mariano Delogu), Corona ha attraversato indenne molte giunte comunali, compresa quella attuale. Cagliaritano, 78 anni, ex docente di Economia dei trasporti a Ingegneria, direttore scientifico di un'autorevole collana di libri che si occupa proprio di questo tema, non ha l'aria del martire guerriero. «Bastava affrontare i problemi aziendali da un nuovo punto di vista». E cominciare, per esempio, a sfoltire posti di lavoro (socialmente) inutili. «Cito un caso, le officine. Avevano duecento addetti. Adesso sono ottanta, meno della metà, senza che il servizio ne abbia risentito».
LE CIFRE Qualche numero. I mezzi del Ctm (750 dipendenti, 53 milioni di giro d'affari) percorrono in un anno dodici milioni e mezzo di chilometri. A Palermo, città con un milione di abitanti, arrivano a dodici milioni ma hanno 1.700 dipendenti. Altro confronto interessante è con Genova, settecentomila abitanti: la municipalizzata del trasporto copre diciannove milioni di chilometri ma ha 2.400 dipendenti.
LA RETE Ctm, insomma, funziona. Sostiene Corona che, sempre mantenendo i conti a posto, si potrebbe ottenere qualche risultato in più. «Bisogna guardare al futuro. La nostra rete è di 432 chilometri, le corsie preferenziali ne coprono appena 30. Nel 2013 sono stati 220 gli automobilisti multati perché hanno intralciato i bus. Se dal calendario levate i festivi, la media è quasi di un blocco al giorno». Per questo, e non solo, la velocità commerciale è di sedici chilometri orari («A Torino sono più veloci di noi, a Palermo meno, a Napoli ancora peggio»): si tratta, quindi, di mutare la filosofia del trasporto pubblico inserendo quanto prima quelli che si chiamano bus rapid transit. «Sono pullman che viaggiano su corsie preferenziali garantite e protette, saltano alcune fermate per collegare le destinazioni più frequentate. All'estero stanno dando risultati strepitosi». Qual è il vantaggio? Tempi di percorrenza molto più veloci. E lo svantaggio? Bisogna sacrificare alcune fermate intermedie. «È l'equivalente di un intercity urbano».
GLI ESCLUSI Per ragioni rimaste misteriose, Ctm collega Cagliari a Elmas, Quartucciu, Quartu, Selargius, Assemini. Dalla lista sono esclusi quelli che sono gli ultimi due grandi “quartieri” della città: Sestu e Capoterra. «Potremmo occuparcene noi e magari offrire un servizio migliore di altri». Chi lo impedisce? «La nostra attività dipende da un contratto con la Regione». Insomma, chi vuol capire capisca.
I TRAM Perplessità, e tante, arrivano quando si parla del sogno tutt'altro che segreto di Massimo Zedda: il sindaco vorrebbe riportare i tram al Poetto. «Per andare in pareggio, un tram deve imbarcare da quattro a diecimila passeggeri al giorno, a seconda della densità abitativa». E allora? «Sarebbe una linea che funzionerebbe per pochi mesi l'anno: dunque, una scelta improduttiva e sbagliata». A Milano i tram resistono: come mai? «Milano, che ha una popolazione dieci volte la nostra, non è sicuramente un punto di riferimento per il trasporto pubblico. I tram provocano poi un altissimo inquinamento acustico. Sono superati dalla storia anche se in qualche grande città, penso a Torino, continuano a sopravvivere».
Giorgio Pisano