Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Moretti al Comunale di Cagliari Un pianismo preciso e coerente

Fonte: La Nuova Sardegna
10 aprile 2014


di Gabriele Balloi w

CAGLIARI Compendio di letteratura pianistica. Quasi un breviario di come si è evoluta l’estetica, la scrittura per pianoforte. Maurizio Moretti, nel recital di sabato scorso per la Stagione del Lirico, ha infatti tracciato un personale itinerario attraverso ben tre secoli. Dal Settecento al Novecento, dal classicismo di Wolfgang Amadeus Mozart all’audace modernismo di Béla Bartók. Esplorando via via risorse tecniche ed espressive, tanto proprie quanto dello strumento. Uno Stenway&Sons per la precisione. E il musicista cagliaritano, guarda caso, è stato incluso dal 2011 fra gli “Stenway Artists”, nelle cui file figurano nomi illustri quali ad esempio Argerich, Barenboim o le sorelle Labèque. Il suo è un pianismo dalle tinte calde, brunite. Magari non ha la sonorità massiccia e prorompente di un Roberto Cappello – due mesi fa al Comunale – ma forse più preciso. La sua precisione, tuttavia, più che nel dettaglio si avverte in una certa coerenza d’insieme, applicata alla lettura generale di ogni singolo brano. Come nella «Sonata n.4 in Mi bemolle maggiore K.282», dall’inizio alla fine un Mozart di grande cantabilità, fresco, soave, delicato negli intenti, o forse fin troppo delicato, perché la dinamica a momenti un po’ trattenuta non lascia emergere del tutto la sottigliezza espressiva di taluni abbellimenti e fioriture. Mentre nell’«Arabeske op.18» di Schumann, o nel Liszt di «Vallée d’Obermann» e «La lugubre gondola», il peculiare approccio alla tastiera, unito a una pedalizzazione non lesinata e ad un fraseggio piuttosto libero, ci offre un romanticismo di ampie risonanze, giocato su vaste parabole di suoni, come ad esaltare, forse, proprio l’idea romantica del “melos infinito”. In Chopin paradossalmente risulta, invece, più asciutto, più controllato, non indulgendo mai a interpretazioni retoriche e sentimentalistiche del compositore polacco. Fra le pagine chopiniane, è soprattutto nella «Mazurka n.4 op.17» o nella «Polonaise n.1 op.26» che ottiene le preziosità timbriche più interessanti. Ma è nell’impressionismo che Moretti pare trovarsi a casa. In due Preludi (dal Libro Primo) di Claude Debussy: n.2 «Voiles» e n.9 «La serenade interrompue», qua, più che altrove, capace d’un equilibrio interpretativo fatto di misurate nuances, ponderati fraseggi, raffinati virtuosismi tecnici. E poi nei tre primi numeri di «Música callada» (Musica silenziosa) dello spagnolo Federico Mompou, dove toglie fuori (anche in virtù della stessa scrittura pianistica) un suono decisamente più lucido e cristallino, mantenuto, strano a dirsi, pure nel conclusivo «Allegro barbaro» di Bartók. Per Echi Lontani sabato alle 21 a S. Maria del Monte di scena l’Austrian Baroque Connection.