Le file all'esterno delle mense si allungano, i posti a tavola non bastano più. E nemmeno il cibo da distribuire perché l'Unione europea ha letteralmente tagliato i viveri agli indigenti dei paesi membri e da mangiare non ce n'è abbastanza. Così la carità dei fedeli diventa sempre di più la fonte principale di finanziamento per chi non ha altro e la Caritas con le sue mense e i suoi centri d'ascolto è ormai sinonimo di pronto soccorso della disperazione. «Eppure non dovremmo essere la Croce rossa ma avere più un ruolo pedagogico, di aiuto più in generale»; spiega don Francesco Soddu, direttore di Caritas italiana. Uno degli oltre 600 tra direttori e collaboratori di quasi tutte le 220 Caritas diocesane e Caritas Italiana che partecipano al congresso nazionale che si chiude oggi all'hotel Setar di Quartu.
«GUERRA SOCIALE» Dice Marco Lai, direttore di Caritas Sardegna, che «siamo in caduta libera» e che non solo i poveri sono aumentati ma «hanno perso il controllo». «Quando le mamme rubano nei supermercati perché non sanno come dare da mangiare ai figli vuol dire che si è superato un limite, si sono rotte le barriere». Segnali inquietanti. Quello che si chiamava disagio sociale ora è diventato guerra sociale. E le risposte non possono essere solo quelle delle diocesi o dei servizi sociali dei Comuni sempre più in bolletta. «Serve il reddito minimo garantito che in Europa hanno tutti tranne l'Italia e la Grecia».
I NUMERI I dati aiutano a capire: sommando il numero di disoccupati - 177 mila - ai 332.003 anziani sardi con una pensione media mensile non superiore a 776,94 e ai circa 100 mila cassintegrati si capisce quale sia la dimensione del fenomeno. Oltre un terzo della popolazione sarda è sull'orlo del precipizio o è già caduto. E solo la rete familiare impedisce una catastrofe. «La politica non percepisce il problema nella sua esatta dimensione», spiega Lai. Per questo il neo governatore Francesco Pigliaru «non si può tirare indietro. Bisogna agire su due fronti: aggredire l'emergenza con il reddito minimo e lavorare sul medio e lungo periodo attuando efficaci politiche economiche».
I CENTRI D'ASCOLTO La verità è che la Caritas supplisce all'inadeguatezza delle politiche sociali come dimostra la crescita della mole di lavoro negli ultimi sette anni: nel 2007 le persone che si sono rivolte ai centri d'ascolto istituiti in tutte le diocesi sarde sono state 2.199, lo scorso anno erano 6039. Sono prevalentemente quarantenni, sposati o separati, poco istruiti che hanno perso il lavoro o non l'hanno mai trovato. Chiedono il pagamento di una bolletta dell'energia elettrica o del telefono, la possibilità di avvalersi di un servizio di mensa, del vestiario, dei sussidi economici, una consulenza legale. «Problemi che limitano oggettivamente la sfera della loro libertà. Perché non poter utilizzare l'elettricità per riscaldarsi, non potersi nutrire o vestire adeguatamente, non poter far studiare i propri figli è una privazione inaccettabile», aggiunge don Lai.
Vero è che, come segnala il “Rapporto 2013 sulla povertà e sull'impoverimento delle famiglie” «non è da trascurare la quota di quanti, a fronte di una situazione economica profondamente peggiorata, continuano a mantenere gli stessi standard di vita e di consumo, con un contrasto che diventa più marcato laddove alla perdita del lavoro non fa seguito il ridimensionamento, se non proprio l'azzeramento, dei consumi a carattere voluttuario». Ma si tratta di eccezioni.
TUTTI COINVOLTI C'è un altro confine che è stato superato: quello della povertà degli altri. Non è più così. Quella che la Caritas chiama «povertà esistenziale» riguarda tutti. Lai lo spiega in modo semplice, Chiara Giaccardi, sociologa dell'Università cattolica di Milano, sviluppa un altro punto di vista. «Si può essere ricchi e miseri. Ma se la povertà materiale diventa pesante, la miseria e la perdita di dignità sono in agguato. È facile scivolare dalla prima alla seconda. Ma la misericordia», spiega la sociologa, «trasforma la miseria in vita, come suggerisce Papa Francesco: non è azione ma risposta, al grido del povero e al volto nudo che ci interpella».
Tra i religiosi non può che prevalere la speranza. Ma chi opera sul territorio sa che senza un intervento rapido del Governo quattro milioni di poveri che bussano alle Caritas in tutta Italia potrebbero restare senza cibo perché l'Unione europea ha diminuito le sue quote d'aiuto che ora spettano ai singoli Stati. E per ora da Roma non c'è alcun segnale.
Fabio Manca