Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Messaggio a Pigliaru: «Un reddito minimo contro l'emergenza»

Fonte: L'Unione Sarda
3 aprile 2014


 

La ricetta della Caritas per evitare la guerra sociale, che sarebbe alle porte, ha un nome: si chiama reddito minimo garantito, una delle tante forme di sostegno economico proposte in questi anni da formazioni politiche e associazioni più o meno caritatevoli. E non sarebbe solo una misura di contrasto alla povertà o un aiuto a fondo perduto in attesa di tempi migliori ma una delle misure per far ripartire l'economia. Francesco Marsico, responsabile area nazionale della Caritas, dice che «solo la Grecia e l'Italia non ce l'hanno». Per questo don Marco Lai, numero uno dell'organizzazione in Sardegna, si appella a Pigliaru: «Assieme alle misure per far ripartire l'economia adotti provvedimenti d'emergenza come il reddito minimo».
IL RUOLO DELLO STATO In realtà un problema a carico dello Stato. Non a caso la richiesta è da tempo al centro delle rivendicazioni di molti movimenti e partiti. Con una serie di varianti: L'M5S propone il Reddito di cittadinanza, Sel il reddito minimo garantito, il governo Letta lavorava a un'ipotesi di sostegno di inclusione attiva (Sia), le Acli invocano la necessità di un reddito di inclusione attiva (Reis), altri parlano di reddito minimo di inserimento. Nessuna variante ha avuto finora l'attenzione dei Governi. Che avevano preferito altre ipotesi. Letta aveva previsto 400 milioni per le Social card e altri 400 per il sostegno alle povertà e all'inclusione sociale, «Renzi dovrebbe confermare queste scelte», auspica Marsico. Per il quale «non ci possono essere fasce di popolazione senza alcuna tutela». La Caritas vorrebbe sollecitare il giovane ex sindaco ma si trova in una strada situazione. «Siamo in prima linea sulle emergenze ma non veniamo convocati ai tavoli dove si decidono le politiche sociali», lamenta. Lo Stato usa il volontariato ma non paga, né ringrazia. Una storia già sentita. Ma la Chiesa ha altri fini e altre consolazioni.
IL LAVORO IN EUROPA In Europa hanno ben altra considerazione, come ricorda Jorge Nuño Mayer, segretario generale di Caritas Europa, 49 centri in 46 paesi. «La nostra attività e i nostri rapporti, come quello sulla crisi recentemente pubblicato sono tenuti in grande considerazione dalle istituzioni comunitarie e influenzano le decisioni negli ambiti della politica sociale, dell'immigrazione e dei richiedenti asilo, come anche delle politiche di sviluppo». Se l'Europa ha perfetta contezza della dimensione della povertà italiana, ma anche di quelle di Cipro, Grecia, Spagna, Romania e Irlanda è grazie a loro.
GLI IMMIGRATI E se non ci fosse la Caritas anche il problema dell'immigrazione sarebbe più grave. «Il numero di arrivi è decuplicato rispetto all'anno scorso», spiega Oliviero Forti, responsabile dell'ufficio immigrazione, «e siamo stati lasciati soli a fronteggiare l'emergenza offrendo loro vitto, alloggio, corsi di lingua e orientamento legale. Nel frattempo il Governo non ha nemmeno affidato la delega a un ministro».
ALLUVIONE, DUE MILIONI In attesa di risposte romane, le Caritas italiane lavorano. E hanno dimostrato la loro capacità organizzativa anche sul fronte degli aiuti agli alluvionati. Don Andrea La Regina ha coordinato gli aiuti e fornisce qualche numero. «Oltre al milione stanziato dalla Conferenza episcopale italiana all'indomani dei tragici eventi dello scorso novembre e ai 100 mila euro stanziati subito, la Caritas ha raccolto altri 800 mila euro mentre sono da quantificare le offerte pervenute dalle diocesi italiane». I fondi sono stati utilizzati sia per le prime emergenze che per far fronte a bisogni reali sulla base delle richieste e dei progetti delle famiglie. «Siamo stati capaci di supplire all'assenza delle istituzioni, abbiamo dato testimonianza di solidarietà. Anzi l'hanno data i fedeli».
F. Ma.