Tra i nonnini del centro di Terramaini
«Adesso ci fa piacere saperti felice sotto l'ombra di un bel fiore...in un giorno azzurro...ricoperto di tante rose rosse». Non c'è più, Efisio, nella sua stanza della Casa degli anziani Vittorio Emanuele II di via Pisano. È rimasta la sua foto, le parole scritte dagli amici. È rimasto il suo sorriso appeso alla parete bianca dell'androne del primo piano dove quell'uomo portava allegria. Cantava Ranieri e le sue Rosse Rosse, urlava Celentano e Azzurro. «Una piacevole ossessione», ricordano a Terramaini. Anche per questo, quand'è morto, intorno alla bara hanno intonato le sue canzoni, i vecchini dell'ospizio e gli assistenti, tra la perplessità del sacerdote che aveva poco prima officiato la messa.
In quell'andito del piano superiore, Nicola avanza con la sua carrozzina. Sorride. «Sono qui da ieri, sì che sono cagliaritano», racconta mentre porge la mano per una stretta, un saluto. Ed è allegra, la signora Rosaria, mentre sfodera un sorriso giovanile dietro due grandi occhiali da sole «modernissimi e speciali». Bracciali, collane. Profumo abbondante. Perfetta. «Sono andata per negozi», spiega al rientro dalla sua trasferta cittadina scandendo bene le parole come volesse rimarcare la sua grande passione per lo shopping.
Due case protette per anziani non autosufficienti con 58 posti autorizzati quasi tutti occupati, quattro reparti-case d'accoglienza per chi riesce ancora a cavarsela autonomamente o quasi. «Le rette, mai aggiornate dal 2009, sono di 1.400-1.500 euro al mese per gli autosufficienti in relazione alla camera singola o doppia, mentre raggiungono i 1.800-1.900 euro per gli ospiti della casa protetta», spiega la direttrice, Silvana Lobina. «Tanti nostri ospiti - racconta - escono e vanno in centro. Dal parrucchiere, a fare commissioni. Più del parco di Terramaini preferiscono raggiungere i posti dove trovano più persone, magari le città-mercato. Molti sono rimasti soli, non hanno famiglie e qualcuno, una quindicina, hanno gli amministratori di sostegno perché i parenti non sono in grado di occuparsene». Così, per tanti di loro, quel pizzico di tristezza, anche quando il sorriso cerca di ricacciarla dentro, resta la colonna sonora del loro presente. E fiocca la malinconia, riemergono i ricordi. Tra la quotidianità fatta di nuove amicizie, momenti di svago, difficoltà, appuntamento con le medicine, gli orari inevitabilmente rigidi dei pasti. «Esiste, certo che esiste il senso di nostalgia di quel che hanno lasciato, ma è anche vero che per molti dei nostri anziani la casa è diventata la fine di tante difficoltà, magari di dolori e sofferenze», dice l'assistente sociale, Ignazia Emmolo. Nulla, probabilmente, potrà sostituire affetti e famiglie. «È però anche vero - conclude Silvana Lobina - che non tutti, tra i nostri ospiti, ne hanno goduto appieno».
A. Pi.