MOLENTARGIUS. Dopo otto anni “licenziati” i pionieri dell'oasi protetta
Il sogno: «Non rinunceremo al nostro lavoro»
«Ci aiuti. Ci aiuti, egregio Presidente, a credere che ancora in Italia c'è speranza e c'è giustizia». Avevano scritto anche questo, tra le righe della loro lunga lettera inviata al capo dello Stato, Giorgio Napolitano, i lavoratori del Parco del Molentargius (Luca Zambianchi, Alessia Atzeni, Gabriele De Martis, Giuseppe Fais, Giampaolo Mereu) che dopo otto anni avevano dovuto lasciare il lavoro per approdare nel pianeta insopportabile della disoccupazione. Donne e uomini che in quel progetto non solo avevano riposto le speranze per il loro futuro ma che sulla tutela e la valorizzazione di quel «meraviglioso compendio ambientale» racchiuso tra Cagliari e Quartu ci avevano creduto a fondo. Anche idealmente.
A CASA Erano gli specialisti dell'oasi, i naturalisti, i geologi, gli ingegneri ambientali, gli ornitologi e i botanici che passo dopo passo avevano creato le fondamenta della grande zona umida. I precari dell'area protetta. Poi, tutti a casa. Grazie alla rivoluzione ancora in atto che sta portando nuove figure professionali dopo la scadenza dei contratti e l'approvazione della nuova pianta organica predisposta dall'ente.
LA RIVOLUZIONE «C'era la necessità di rivedere l'organico, stiamo pensando a una struttura minimale operativa, puntare al risparmio senza tuttavia rinunciare alle professionalità», spiega il direttore Alessandro Sanna, dipendente della Provincia prestato al parco. «Un ruolo che non comporta per l'ente nessun aggravio di spesa visto che il mio stipendio arriva direttamente dall'amministrazione provinciale. È così avverrà anche grazie ai bandi pubblici basati sul principio del comando per le nuove figure del nuovo organico». Posti che saranno riservato a istruttori tecnici, istruttori direttivi tecnici, istruttori contabili. «Appunto, nessun laureato in materie scientifiche, come sarebbe logico in una parco naturale», taglia corto Alessia Atzeni, l'ornitologa del parco del Molentargius-Saline che dopo parecchi anni di impegno professionale si è ritrovata fuori gioco insieme a tanti altri colleghi. «A quel nucleo di vecchi pionieri, inizialmente in forze al Consorzio Ramsar diventato ente, che ha faticato, seppur in regime di precarietà, e ci ha messo il cuore per dare gambe al parco, che oggi sembra essere diventato un mostro. Credo che si stia svilendo l'area protetta e la si stia equiparando, con queste scelte, a un ente locale qualsiasi. Non ci si parli poi di risparmi, visto che il vicedirettore, il solo dirigente in ruolo, costa all'ente ben 150 mila euro l'anno».
LE RISORSE Dice Sanna: «Il gruppo di lavoro sarà sempre in funzione delle risorse disponibili, prima o poi bisognava pensare a una struttura di ruolo e forse lo si sarebbe dovuto fare da tempo». Il direttore smentisce inoltre le voci di un'interruzione dell'attività all'interno del parco. «Se rallentamenti esistono, non sono certo imputabili a problemi di organico. Funziona il servizio Infopoint a cui ci si può rivolgere per l'affitto delle biciclette, funzionano il servizio per le imbarcazioni elettriche, il centro di educazione ambientale. Al contrario si stanno crescendo le attività come l'endurance di equitazione di questo fine settimana e le collaborazione con le associazioni di volontariato».
Insomma, pareri discordi, Diametralmente opposti e destinati a non restare soltanto contrapposizioni verbali. Perché i precari licenziati non sembrano aver troppa voglia di abbandonare le armi nonostante la delusione, la rabbia, i sogni infranti, le schede elettorali rimaste bianche, il viaggio verso l'estero di qualcuno per riuscire a far valere la propria professionalità.
Andrea Piras