L'Arpas analizzerà i veleni dello stabilimento sequestrato a Macchiareddu
Andrea Piras
MACCHIAREDDU la bomba ecologica va disattivata. E subito. Troppo elevato il rischio ambientale celato nel capannone della Ecobonifiche messo sotto sequestro, in queste ore dalla Procura, dopo la scoperta di una vera e propria discarica abusiva di materiali tossico-nocivi e infiammabili. Nel concreto, idrocarburi aromatici, residui oleosi, fanghi e grosse quantità di terre inquinate asportate da siti industriali e destinate ad essere trattate negli impianti dell'area Cacip ma non certo a restare stoccate così a lungo. Tra l'altro senza più controlli, senza vigilanza, visto che la società (anzi le due società-sorelle che operavano nello stabilimento di Grogastu, la Ecobonifiche e la Bonifiche, entrambe del Gruppo FinAmbiente), in concordato preventivo con provvedimento del Tribunale di Roma, aveva già dall'estate del 2012 interrotto i lavori ma continuato a stoccare i rifiuti speciali sino al marzo del 2013.
LA PROCURA L'inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Marco Cocco e affidata all'Ispettorato ripartimentale del Corpo forestale diretto dal comandante Giuseppe Delogu (l'indagine è guidata in prima persona dal commissario Fabrizio Madeddu), è solo all'inizio e potrebbe avere sviluppi importanti.
Di certo gli uomini della pg sentiranno nei prossimi giorni numerose persone direttamente o indirettamente coinvolte in questa vicenda, per riuscire a tracciare un quadro esatto del movimento dei materiali tra i siti industriali inquinati e da bonificare e lo stabilimento di Macchiareddu il sui titolare, l'amministratore romano di 56 anni Francesco Salvatori, è stato iscritto nel registro degli indagati. Il reato che gli viene contestato è quello di discarica abusiva.
IL VIAGGIO Intanto bisognerà ricostruire esattamente il viaggio dei materiali. Le prime informazioni gli investigatori le hanno attinte dalla documentazione conservata negli uffici dell'azienda e naturalmente sottoposta a sequestro, come sequestrato è stato anche, su disposizione del giudice per le indagini preliminari, Maria Cristina Ornano, il capannone di Grogastu, gli impianti e gli automezzi parcheggiati nel piazzale. Fermi lì da tanto tempo come hanno potuto verificare i ranger anche grazie alle riprese satellitari.
Mentre Procura e Forestale procederanno con l'inchiesta, gli esperti dell'Agenzia regionale per l'ambiente dovranno eseguire le cosiddette caratterizzazioni, le analisi dettagliate dei materiali stoccati per capire non soltanto l'indice di pericolosità ma anche fare la comparazione con i loro siti di provenienza. Analisi che daranno anche suggerimenti e indicazioni precise su come dovrà procedere la bonifica del capannone.
LA FIDEIUSSIONE Un ruolo, in questa vicenda, l'avrà anche la Provincia, l'ente competente al rilascio dell'autorizzazione integrata ambientale avvenuto nel 2010. Un documento che va di pari passo con il versamento, da parte della società, di una fideiussione assicurativa a garanzia che per qualsiasi inghippo possa accadere (in questo specifico caso l'interruzione dell'attività) ci siano fondi bloccati per un intervento d'emergenza come appunto la bonifica dei materiali stoccati. Per questo la Provincia dovrà attivarsi immediatamente per bloccare la polizza.
L'AVVIO Era stata una segnalazione arrivata sul tavolo del magistrato a far scattare i controlli a Macchiareddu. Il pubblico ministero Marco Cocco aveva deciso di vederci chiaro inviando a Grogastu, in una traversa dela strada est dell'area industriale, praticamente dietro gli impianti di Syndial, gli uomini della pg del Corpo forestale e di vigilanza ambientale. Oltre i cancelli, diversi automezzi. Bloccati - era sin troppo facile capirlo - da parecchio tempo. Come mostravano lo stato di assoluto abbandono alcuni prefabbricati sistemati nel grande piazzale.
IL BLITZ La sorpresa, all'interno del capannone. I ranger e i tecnici dell'Arpas hanno dovuto fare i conti con gli odori insopportabili, quando hanno varcato il portone scorrevole. Vasconi ricolmi di fanghi, di terra inzuppata dagli idrocarburi e comunque da sostanza oleose. E ancora silos, contenitori d'acciaio e di plastica. Una vera discarica nel silenzio della fabbrica abbandonata, dove l'ultimo dei venti dipendenti ci aveva messo piede oltre un anno fa per finire poi in cassa integrazione con tutti i suoi colleghi. Lavoratori della Ecobonifiche (la società specializzata nel trattamento degli inquinanti) e della Bonifiche, impegnata a prelevare i materiali dai siti industriali per trasferirli nella centrale di Macchiareddu. Oggi, entrambe in grave crisi economica tanto da essere state ammesse dal tribunale al concordato preventivo.