CAGLIARI In nome dell’energia la Sardegna subisce il più imponente attacco all’integrità del proprio territorio mai visto prima d’ora nella storia dell’autonomia regionale. Pendono alla Regione 13 richieste per il geotermico che riguardano una superficie di 2mila chilometri quadrati. Altri 900 ettari potrebbero essere occupati da cinque impianti termodinamici su terreni agricoli fertili, sottratti per sempre alla loro vocazione produttiva. Sono stati approvati 8 nuovi impianti fotovoltaici e sono attivi 80 impianti eolici. Se venisse dato il benestare da parte della Regione ai 300 progetti già presentati, il suolo dell’isola non sarebbe sufficiente. Ieri, nella ex sala Giunta del palazzo civico di Cagliari è stato presentato il “Manifesto d’intenti” dei Comitati Sardi InRete che raggruppa, per ora 17 collettivi già attivi su singole battaglie locali contro progetti considerati un grave pericolo per l’ambiente, il paesaggio e la salute delle popolazioni.«Ogni singolo comitato – spiega Vincenzo Pillai del Comitato No Galsi – da solo non può farcela. Insieme, in rete con gli altri , possiamo condividere analisi, progetti e iniziative comuni più efficaci. È passata in questi anni nella società sarda una forma di disattenzione verso questi problemi, mentre la maggior parte delle forze politiche non ha contrastato tali processi e si va affermando un’idea di Sardegna basata sulle esigenze delle multinazionali , non dei sardi». «La speculazione energetica si presenta come la più intensa forma di aggressione al territorio e alle comunità attualmente in atto in Sardegna che costituisce il campo d'azione per società che hanno come unico scopo quello di ottenere profitti, anche grazie agli incentivi pubblici – dice Consuelo Costa del Comitato Carraxu – Il primo passo per arginare questa tendenza è quello di ottenere una moratoria immediata sugli impianti industriali di produzione di energia da fonti fossili e da fonti rinnovabili in fase di approvazione o di costruzione (eolico, fotovoltaico, termodinamico, biomassa, idrocarburi, geotermico, stoccaggio di CO2, carbone). La sospensione degli iter autorizzativi dei progetti deve essere propedeutica all'approvazione di un "vero" Piano Energetico e Ambientale Regionale redatto con un coinvolgimento attivo e partecipato delle comunità locali». Particolarmente grave la situazione per quanto riguarda la salute dei cittadini nelle ex aree industriali . «Il territorio sardo, attualmente meta ambita per nuove progettazioni, sperimentali e non , in questa nuova era industriale in cui il profitto di pochi e' spesso davanti alle esigenze fondamentali di tutti, lancia il suo grido d'allarme da diverso tempo per quanto riguarda non solo la situazione ambientale, ma, di concerto, anche quella sanitaria – afferma Daniela Concas del Comitato No Trivelle in Sardegna –. Lo studio Sentieri (studio epidemiologico nazionale dei territori e degli insidiamenti esposti a rischio ambientale), svolto negli anni tra il 2007 e il 2010 – aggiunge – ha rilevato l'urgenza di bonifica per 445 mila ettari totali e parallelamente ha evidenziato le patologie rilevate in gran numero, in particolare patologie a carico del sistema respiratorio, renale, e una aumentata incidenza per tutti i tumori. Chiediamo , oltre alle tanto auspicate bonifiche dei siti inquinati come indicato dallo studio Sentieri, anche l'istituzione di un registro tumori e malattie rare, studi epidemiologici di approfondimento, un maggiore controllo sui siti a rischio e sulle popolazioni con screening piu' frequenti. Nuovi progetti come quelli proposti non possono prescindere dal già notevole impatto, oltre che paesaggistico, geologico, territoriale, anche sanitario e quindi diretto sulle salute delle popolazioni, con ripercussioni anche a livello del Sistema Sanitario e, come è stato più volte affermato, vero pericolo in alcuni casi per il futuro delle nuove generazioni» .(f.t.)