Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Famiglie, meno 70 miliardi in cinque anni

Fonte: La Nuova Sardegna
24 marzo 2014

Studio Confcommercio: colpa soprattutto delle tasse locali, cresciute del 650 per cento dal 1990
di Andrea Di Stefano w

CERNOBBIO Settanta miliardi: a tanto ammonta il drenaggio di risorse dalle famiglie italiane tra il 2008 e il 2013 secondo una ricerca condotta dal Cer e presentata ieri al Forum annuale della Confcommercio a Cernobbio. Negli ultimi cinque anni, in pieno clima recessivo, le manovre correttive di finanza pubblica hanno determinato un aggravio di imposta per il sistema economico italiano di oltre 56 miliardi; in pratica, più la nostra economia entrava in crisi, più si è fatto ricorso alla leva fiscale e nello stesso periodo, questo aggravio si è tradotto in un aumento delle imposte sulle famiglie pari all’1,6% medio annuo, più del triplo di quanto sarebbe stato necessario per non peggiorare ulteriormente gli andamenti negativi del ciclo economico (cioè lo 0,4% annuo). In termini cumulati, questo significa che, tra il 2008 e il 2013, il livello di imposizione sulle famiglie è aumentato del 10%. Se si considera, quindi, che al prelievo fiscale aggiuntivo annuo di 10 miliardi si devono aggiungere altri 11 miliardi di perdita di potere di acquisto a causa dell’incremento dell’inflazione determinato dall’aumento delle imposte indirette, tra il 2008 e il 2013 le risorse a disposizione delle famiglie si sono ridotte, complessivamente, di oltre 70 miliardi. La ricerca condotta dal Cer evidenzia che sono soprattutto le imposte locali a fare la “parte del leone”. Usando la leva delle addizionali ai massimi livelli e tassando maggiormente i territori meno sviluppati il prelievo locale è aumentato del 5,6%, più di quanto avvenuto a livello centrale (+3,8%) e rispetto al 1990 il peso del fisco locale in percentuale del Pil si è più che triplicato, passando dal 2,1% al 7%. Complessivamente le imposte locali sono quindi cresciute del 650% sul 1990. E non è finita perché questa tendenza, in prospettiva, secondo i ricercatori del Cer è destinata ad acuirsi in quanto molti Comuni dovranno aumentare ulteriormente le tasse per trovare circa 2,2 miliardi necessari a far tornare i conti nel passaggio dall’Imu alla Tasi. Per quanto riguarda l’imposizione sull’abitazione principale, tra i Comuni capoluoghi di Provincia più virtuosi (quelli con un’aliquota non superiore al 4 per mille) si segnalano Bari, Bergamo, Cagliari, Firenze, L’Aquila, Padova, Pescara, Reggio Calabria, Trento, Udine, Venezia. Mentre tra i principali comuni con le aliquote maggiori (dal 5 per mille e fino a quella massima del 6), figurano: Ancona, Catania, Catanzaro, Genova, Milano, Napoli, Parma, Perugia, Potenza, Torino. Invece per l’addizionale comunale Irpef vede Aosta, Bolzano, Firenze, Gorizia, Mantova, Pescara, Pordenone, Trento, Udine applicare le aliquote minime (da 0 fino allo 0,5%); anche in questo caso, nei maggiori Comuni trovano applicazione le aliquote massime (0,8% e 0,9%): Ancona, Bari, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Perugia, Roma, Torino, Venezia. Risposta schietta del responsabile economico del Pd: «Il fisco italiano è due punti di Pil di tassazione in più rispetto a qualunque Paese dell’Eurozona e fuori. Questo non può andare avanti, questo noi lo correggiamo», ha detto Filippo Taddei, «non è sempre stato così questo non è il risultato di un accidente della storia, lo abbiamo permesso. L’Italia ha scelto negli anni di penalizzare il lavoro, abbiamo scelto con il nostro sistema fiscale di punire il lavoro, e adesso smettiamo di farlo».