RAPPORTO OCSE. Il calo annuo dopo le imposte è quasi doppio rispetto all'Eurozona
Crolla il reddito delle famiglie: persi in media 2.400 euro
PARIGI Reddito delle famiglie in grave calo, aumento dei nuclei in cui nessuno lavora, impennata del numero di giovani né occupati né in formazione. La società italiana, secondo i dati Ocse, ha pagato a caro prezzo l'impatto della crisi, anche per colpa della «mancanza di un efficace sistema di previdenza sociale» e della «debole protezione per chi ha problemi lavorativi». Una situazione da cui si esce solo con un ragionato percorso di riforme. «Le recenti proposte sul mercato del lavoro e l'estensione del sistema di previdenza sociale rappresentano importanti passi nella giusta direzione», dice l'Ocse, ma devono essere subito tradotte in pratica per evitare che le disuguaglianze finiscano per diventare incolmabili.
Tra il 2007 e il 2012, la famiglia italiana media ha perso circa 2.400 euro di reddito disponibile (dopo imposte), scendendo da 18.550 a 16.199 pro capite. Il calo è quasi il doppio di quello medio dell'Eurozona, 1.100 euro, grazie ai buoni risultati sul fronte della salvaguardia del reddito in Francia, dove le famiglie hanno perso meno di 100 euro, e Germania, dove si è registrato un aumento di 600 euro.
Allo stesso tempo, è aumentata la percentuale di adulti italiani che vivono in un nucleo familiare in cui nessuno percepisce un reddito da lavoro: nel 2012-2013 erano il 15%, contro il 12,4% di fine 2007, prima dell'esplosione della crisi finanziaria ed economica.
Questo calo del reddito disponibile, secondo l'Ocse, ha colpito in modo più marcato le fasce più deboli con il 10% più povero che è scivolato ancora più in basso, perdendo il 6% del proprio reddito, mentre il 10% più ricco ha perso solo l'1%. Così, aumenta la percentuale di persone che ammettono di non poter comprare cibo a sufficienza (13,2% nel 2011, contro 9,5% nel 2007) o rinunciano ad alcune cure mediche (7,2%).
Particolarmente preoccupante, inoltre, è la situazione di giovani e giovanissimi, per cui aumentano i rischi di povertà ed esclusione. La percentuale di sedici-venticinquenni che non sono né in educazione, né occupati, né in formazione (i cosiddetti “neet”) è schizzata al 21,1%, cinque punti in più del 2007, ed è la terza più elevata tra i Paesi Ocse, dietro a Turchia e Grecia. È aumentato anche il tasso di povertà nella fascia 18-25 anni (arrivata nel 2010 al 15,4%) e in quella degli under 18 (salita al 17,8).
In questa situazione, all'Italia non basterà la ripresa economica per curare i danni della crisi: «Agli sforzi per una crescita economica solida e duratura occorre affiancare investimenti per un sistema di protezione sociale più efficace».
Chiara Rancati