LA CITTÀ DIMENTICATA. Storia della dimora dalla conquista catalana alle bombe del 1943
Nella residenza dei marchesi largo a servizi e appartamenti
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I ruderi anneriti dal tempo sono storia e cronaca. Hanno resistito alle bombe dell'ultima guerra e sembrano rinviare, come ogni lembo superstite di tracce antiche, a stagioni del nostro passato che il visitatore di Castello può soltanto immaginare. Palazzo Aymerich è da decenni emblema di abbandono e memoria rimossa. Ferito e cadente (sette mesi fa il Consiglio di Stato ha ribaltato una decisione del Tar del 2010, giudicando ingiustificato lo stop al cantiere nella dimora che si affaccia tra via dei Genovesi e via Lamarmora), l'edificio attende un'opera di recupero da tempo annunciata ma bloccata dopo sette anni di dibattiti e battaglie giudiziarie, interrogazioni in Comune e proposte dell'Amministrazione.
LO SCAMBIO Quella dell'assessore all'Urbanistica Paolo Frau (in risposta a un'interrogazione di Giuseppe Farris) è dello scorso dicembre: «L'area del palazzo Aymerich passi dai privati al Comune in cambio di pari volumetrie in altra zona della città». La discussione a palazzo Bacaredda giunse dopo la decisione del Consiglio di Stato che di fatto, l'autunno scorso, ha spianato ai privati la possibilità di costruire una palazzina nuova con cinque piani sul lato di via dei Genovesi e tre in via Lamarmora. All'interno del nuovo edificio una decina di appartamenti, locali commerciali, parcheggi. Al Comune andrà a titolo gratuito un'area interna di circa settecento metri da destinare a servizi per il centro storico. Dettaglio: la facciata della palazzina riavrà le sembianze di quella disegnata da Gaetano Cima nel 1830 e distrutta dalle bombe che caddero sulla città nel 1943.
IL RUDERE Ci si imbatte nel palazzo Aymerich per caso o per curiosità. Chi ne ignorasse la storia potrebbe fermarsi e fantasticare come la dimora era un tempo. Ad aiutare il visitatore le vicende familiari degli eredi degli Aymerich, arrivati in città nel XIV secolo dalla Catalogna al seguito dell'Infante don Alfonso il Benigno. Erano anni di conquiste: papa Bonifacio VIII aveva già istituito motu proprio l'ipotetico regnum Sardiniae et Corsicae . La lunga stagione catalano-aragonese vide gli Aymerich conquistare pian piano posizioni di riguardo negli ambienti di corte: un Pietro - ricorda Silvia Aymerich nella storia della famiglia pubblicata nel sito del Comune di Laconi - fu nominato nel 1358 ambasciatore della Città di Cagliari presso il re don Pietro IV. «Un Matteo Aymerich risulta residente a Cagliari nel 1370 ma bisogna arrivare al 1400 per avere notizie certe». Martino e Nicola Aymerich furono Consiglieri della Città di Cagliari con ruoli importanti.
DON SALVATORE Rilevante la figura di don Salvatore II Aymerich Botèr, Cavaliere dell'Ordine di Santiago: nel 1535 partecipò all'impresa di Tunisi al seguito dell'Imperatore Carlo V e fu nominato Governatore della fortezza di La Goletta. Lo stesso don Salvatore II seppe incrementare «il patrimonio familiare con notevoli speculazioni finanziarie e compravendite di feudi, accrescendo il peso politico che gli Aymerich avevano all'interno delle fazioni presenti nell'aristocrazia cagliaritana». I suoi figli don Salvatore III e don Silvestro Aymerich y Cervellon furono coinvolti nella vendetta che portò all'omicidio del viceré Camarassa, considerato mandante dell'assassinio del Marchese di Laconi, avvenuto alla fine del 1600. Numerosi gli Aymerich al centro della vita cittadina. Salto di due secoli, 1847: don Ignazio V Aymerich y Ripoll, Gentiluomo di Camera di Sua Maestà il re Carlo Alberto, fece parte della delegazione che presentò al re Carlo Alberto la formale richiesta dell'unificazione amministrativa della Sardegna con gli Stati Reali di Terraferma. Non è escluso che il suo fantasma vegli inquieto sui ruderi dell'antico palazzo.
Pietro Picciau