Parlano Evaristo Pinna e Maria Giuseppina Cossu, ex proprietari della villa liberty ai piedi del colle che rischia di essere persa insieme ai ricordi di tanti cagliaritani: "La Regione la apra al pubblico e la faccia diventare la porta del parco archeologico di Tuvixeddu"
Autore: Federica Lai il 14/03/2014 13:08
Una villa ricca di storia, di vita vissuta da diverse generazioni che si sono susseguite in prevalenza durante il secolo scorso. Questa è Villa Laura, l’edificio liberty costruito all’inizio del Novecento, e dal 2009 di proprietà della Regione. Una struttura ricca di fascino che si impone ai piedi del colle di Tuvixeddu, accessibile e visibile da viale Sant’Avendrace. Un tempo la villa dal particolare colore rosso con le lesene giallo crema aveva davanti due bellissime palme sane e rigogliose e al suo interno tante opere importanti. Senza nessun intervento di manutenzione da anni, l’edificio rischia di essere perso e con esso una parte di storia di Cagliari. “Se questa bella costruzione dovesse essere lasciata cadere – spiegano con dispiacere Evaristo Pinna e la moglie Maria Giuseppina Cossu, eredi e ultimi proprietari della villa insieme ai quattro figli - anche i ricordi si perderanno per sempre nelle tombe, purtroppo ancora abbandonate, del colle di Tuvixeddu”. La speranza dei coniugi Pinna Cossu è quella che la Regione finalmente apra al pubblico le porte della villa di famiglia e la faccia diventare l’ingresso del parco archeologico, valorizzando le sue bellezze e l’intero quartiere di Sant’Avendrace.
La vera storia di Villa Laura. La struttura è stata progettata dall’ingegnere Giuseppe Manunza, e costruita nel 1907. Era la residenza di campagna di Carlotta Lai, sposata col maestro Francesco Murru e figlia del famoso chimico e fotografo cagliaritano Agostino Lai Rodriguez e di Francesca Schinardi. La villa venne intitolata all’unica figlia Laura, apprezzata professoressa di Storia e Filosofia e pittrice, che sposò il primario radiologo Didaco Cossu. La signora Laura Murru, vedova Cossu,lasciò a sua volta in eredità la villa alla figlia Maria Giuseppina e ai suoi familiari, che nel venderla a un’istituzione pubblica hanno ritenuto di rispettare il pensiero della precedente proprietaria. “Il piano regolatore aveva previsto che al posto della villa si costruisse un altro palazzo – spiega Evaristo Pinna – ma mia suocera, Laura Murru, presentò ricorso perché la struttura non fosse demolita e il giardino rimanesse destinato a verde privato”. La Villa era sorta come residenza di campagna della famiglia Murru Lai, che dall’elegante casa del Corso Vittorio Emanuele, dove abitava, si spostava in gita in calesse nella casa del “Borgo separato”, come veniva chiamato il quartiere di Sant’Avendrace. Finché, per diversi motivi, decisero di spostare definitivamente la residenza a Villa Laura, mentre nel Corso il primario prof. Didaco Cossu aprì il suo studio radiologico. La villa ospitò a uso privato, come durante l’ultima guerra, parenti e amici, mentre le donne di servizio dormivano nel piano terra o nell’ultimo piano.
La struttura. La villa, con ben 22 stanze, si sviluppa su quattro piani: il pian terreno e tre piani emergenti. All’edificio si accede dalla “muraglia”, ovvero dall’antico Porto Cartaginese. Varcato un cancello in ferro battuto, e saliti alcuni gradini, si accede al giardino che si sviluppa su diversi piani, un tempo ricco di alberi, tra cui due alte palme oggi sterminate dal punteruolo rosso, ma anche arbusti e fiori, e si estende fino alla Necropoli Punica. “I reperti trovati al momento della costruzione della villa – spiegano i coniugi Pinna Cossu – sono stati affidati alla Soprintendenza archeologica della Sardegna, la cui titolare si era impegnata a farli riportare se e quando la villa fosse stata restaurata e utilizzata per scopi pubblici”. I primi due piani “hanno ancora alcuni pavimenti antichi con linee e disegni in mattonelle di graniglia – continua Evaristo Pinna – e le porte in picipain con le maniglie coeve in ottone. Inoltre, in alcune stanze, come il salone e il salotto del primo piano, nonché lo studio del secondo, sono ancora in buone condizioni gli affreschi del Maestro Giuseppe Cita. Un’imponente scala liberty in marmo e ferro battuto, con il passamano in noce, unisce all’interno il primo e il secondo piano, dove si trovavano le stanze da letto e uno studio, proseguendo fino al terzo piano con una scala aggiunta, non meno suggestiva”. Le stanze centrali del primo piano, che formavano un unico ambiente, si estendevano sugli ampi terrazzi, “dove sembra ancora di sentire gli echi delle feste con i parenti e amici, e con la padrona di casa, Carlotta Lai, che suonava il piano – continua il prof. Pinna - E, infine, non posso non ricordare le gioiose voci dei bambini della mia famiglia e dei loro amici, delle loro feste fino a quelle di laurea, e le uscite commoventi da quella bella casa per i loro matrimoni, immortalati nei relativi album. E molte altre cose si potrebbero raccontare, sempre che non se ne debba parlare a posteriori, come del “caro estinto”.