Rassegna Stampa

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Quote Rosa. Un'accelerazione all'indietro

Fonte: web Cagliari Globalist
11 marzo 2014

POLITICA

 

Ci sono due parole che ciclicamente si ripresentano e che mi offendono come poche altre riescono a fare: "Quote Rosa".
 

di Valentina Mandozzi

Ci sono due parole che ciclicamente si ripresentano e che mi offendono come poche altre riescono a fare: "Quote Rosa". Ci piace nominarle, ci fa sentire moderni, onesti e politicamente corretti, ma in realtà nascondono un'accelerazione all'indietro, a molto prima che nascesse la prima suffragetta.

Mi fa sentire come a scuola, quando all'ora di ginnastica nessuno mi voleva in squadra - ed ero pacificamente consapevole di essere una schiappa - ma c'era da far numero e ai bambini bisogna insegnare l'integrazione, così il prof obbligava uno dei due riluttanti capitani a prendermi con sé. E il risultato è che mi sentivo tutt'altro che integrata: fatemi fare un'ora di italiano in più, ma lasciate la pallavolo ai più bravi, pensavo. E io a pallavolo non ho giocato mai più. La Quota Rosa è ciò che di più lontano ci possa essere dalle pari opportunità: è un processo di ghettizzazione da cui è difficile uscire e che niente ha a che fare con la meritocrazia.

Chi mi dice che la quota di donne scelte sarà più meritevole di quella degli uomini? E che succede se il numero di donne meritevoli eccede la quota stabilita?

Come in medicina, si cura il sintomo e non l'origine della malattia, ma il percorso invece è più lungo. Perché non partire dall'educazione, dalla parità di stipendi, e dall'insegnamento ai propri figli, maschi e femmine che siano, che possono diventare politici o muratori, dirigenti o segretari, badanti o ingegneri, idraulici o spogliarellisti, e che dipende solo da ciò che hanno dal collo in su e non viceversa? E quando non ci porremo più queste domande, avremmo raggiunto la parità di accesso.