Al castello San Michele di Cagliari
di Daniela Paba
CAGLIARI Due cerchi concentrici racchiudono tra le mura del castello di San Michele il percorso dantesco illustrato da Salvador Dalí e Robert Rauschenberg con gli occhi del Novecento. “La Divina commedia”. Figure dal XX secolo mette insieme cento xilografie a colori del maestro del Surrealismo con trentaquattro stampe dell'inferno metropolitano costruito da Rauschenberg come un collage fatto di dettagli fotografici con interventi a matita e pastello. L'esposizione, inaugurata a dicembre, è stata prorogata fino al 6 aprile ed è visibile tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 15 alle 18, lunedì escluso. Curata da Simona Campus la mostra ripercorre l'immaginario poetico della Commedia e consente allo spettatore di immergersi nell'arte del Novecento. Dal segno lieve di Dalí esce Dante vestito di rosso, in cammino verso una collina toscana con i cipressi in cima. Il viaggio di Dalí è ricco di riferimenti all'arte italiana del Rinascimento nelle figure femminili e nei demoni. Altre figure di dannati riportano al cubismo, alla solitudine del surrealismo, agli enigmi dell'inconscio: i peccati giganti e Dante e Virgilio piccoli, in ascolto. Bisogna arrivare al cranio squagliato sulle linee di una meridiana per riconoscere Dalí nella tavola dei bestemmiatori, nell'organo del lusingatore, nelle rocce sospese che imprigionano simoniaci e barattieri. Dante purgante tra le anime danzanti, trova una dimensione più equilibrata che lo eleva fino all'abbraccio di Beatrice e alla purificazione dell'angelo. Lo smaterializzarsi del Paradiso è reso con punti luminosi e colori, il ritorno alla materia è circoscritto allo scontro tra chiesa e impero, fino all'apoteosi di velature e trasparenze dove il segno scompare verso un empireo affollato di figure danzanti che sprigionano colore mentre pregano. L'inferno di Rauschenberg è in terra. Dante è una figurina d'uomo in mutande, le strade dell'inferno sono indicate da frecce e cartelli di benvenuto. Si scende dalle porte di un grattacielo giù verso il limbo dove si intravvedono busti scolpiti e archi di trionfo. L'inferno pop è così un groviglio di segni che cancella e isola ritagli, ha una dimensione industriale, è abitato da macchine, pistole, uomini senza volto, divise e maschere a gas mentre il colore è una macchia che brucia.