Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

il prof che vuole riportare a scuola Pinocchio

Fonte: L'Unione Sarda
6 marzo 2014

Incontri L'autore di “Elogio del ripetente” domani (ore 16.30) alla Mem di Cagliari Affinati,

L a sua missione è riportare a scuola Pinocchio. Che oggi parla dialetti nordafricani o cinese mandarino. E in classe dorme, gioca con lo smartphone. Sempre che un professore non lo guardi dritto negli occhi e gli faccia capire che no, non mollerà la presa. Gli farà studiare Carlo Magno e Leopardi. A costo di inseguirlo nelle borgate, giocare a pallone con lui o ascoltare il suo rap. Eraldo Affinati, 58 anni, romano, insegnante e scrittore, sarà a Cagliari domani pomeriggio. Dalle 16.30 nella Mediateca del Mediterraneo (in via Mameli) presenterà il suo ultimo libro “Elogio del ripetente”. Organizza il Cidi, coordina Rosamaria Maggio. Gianna Lai, Marilena Marras e Rita Sanna discutono con l'autore.
Sa che sbarca nell'Isola dei ripetenti?
In Sardegna ho trovato impegno ed entusiasmo. Non conosco questo aspetto.
Record di ripetenze nella secondaria. Sotto la media nazionale (anche i licei) nei test Invalsi e Ocse Pisa.
A maggior ragione è bene fare l'“Elogio del ripetente”.
Il Cidi ipotizza che gli insuccessi derivino dalla crisi socio-economica.
Diffido delle spiegazioni troppo sociologiche. Le bocciature possono dipendere da valutazioni errate dei docenti. Non giustifico il ripetente, ma non sbaglia mai da solo. Dietro ci possono essere distorsioni della scuola.
Per esempio?
In classe ci sono una linea di partenza e un traguardo ideali. Ma dove si collocano? Chi nasce in una casa senza libri ha un percorso svantaggiato.
Una scuola a più velocità?
Non tutti raggiungono lo stesso risultato nei tempi prestabiliti. Prima di misurare un ragazzo dobbiamo conoscerlo. Non stiamo formando ingegneri e medici, dei quali è essenziale valutare la competenza. Parliamo di adolescenti, futuri cittadini. Se cadono, devono rialzarsi.
Scuola a più velocità vuol dire suddividere i ragazzi per livelli di apprendimento?
No, le migliori classi sono quelle eterogenee, composte da ragazzi bravi e altri che partono svantaggiati. Non solo i deboli hanno bisogno dei forti, ma anche viceversa. Così si cresce meglio. L'obiettivo è misurare il movimento e non lasciare indietro nessuno.
Lei insegna alla Città dei ragazzi, un professionale di Stato per studenti difficili. Che suggerimenti può dare ai colleghi sardi?
Dobbiamo uscire dalla finzione pedagogica, dove il docente finge di insegnare e l'alunno finge di ascoltare. Troviamo un contatto autentico con ciascun ragazzo. Guardiamolo negli occhi, svegliamolo dalla sua sconfitta. Siamo l'amico di cui si può fidare e il maestro che fissa - e mantiene - il limite da non valicare.
Nel libro si coglie diffidenza per l'Invalsi.
È necessario valutare la qualità scolastica, ma la nozione è molto complessa, non si può ridurla a quiz in stile patente. Non servono griglie troppo rigide.
Ci sono standard europei.
Ma in Italia è nato il Rinascimento, lo spirito critico. Dobbiamo rivendicare un accertamento della qualità scolastica più equilibrato.
In Sardegna l'emergenza non riguarda solo le scuole professionali, ma anche quelle della classe media.
I ragazzi sono cambiati. La capacità di concentrazione dei nativi digitali non è quella che intendevamo noi. Ma la scuola si pone nel vecchio modo, con la lezione frontale. Dovremmo adeguarci, non solo cambiando la strumentazione, ma cercando di capire quale approccio didattico catturi l'attenzione.
Semplificare i programmi?
Bisogna trovare un nuovo metodo per comunicare, non rinunciare a trasmettere la tradizione culturale. Tanto più in una scuola professionale. I miei alunni non avranno altra occasione nella vita per leggere Petrarca.
Qual è il tasso di burnout del tipo di docente che presenta?
Altissimo. Se non siamo equilibrati, saldi, sempre pronti, i ragazzi se ne approfittano. Oggi insegnare è difficilissimo. Anche nei licei. Però molti lo fanno, ogni giorno. Con entusiasmo.
Daniela Pinna