L'evoluzione “social” degli scaffali pubblici
“ L e biblioteche e i servizi per l'informazione contribuiscono alla piena realizzazione della società dell'informazione globalizzata. Essi rendono possibile la libertà intellettuale, fornendo accesso a informazioni, a idee e a opere dell'immaginazione espresse con ogni mezzo e al di là di ogni frontiera. Essi aiutano a salvaguardare i valori democratici e i diritti civili universali in modo imparziale e opponendosi a ogni forma di censura.
Il ruolo unico delle biblioteche e dei servizi di informazione consiste nella loro capacità di rispondere alle richieste e alle necessità specifiche dei singoli individui. Ciò fa da complemento alla trasmissione generale della conoscenza attraverso i mezzi di comunicazione e rende le biblioteche e i servizi di informazione essenziali in una società dell'informazione aperta e democratica” (dal Manifesto approvato ad Alessandria d'Egitto l'11 Novembre 2005).
Il terzo passo di questa escursione fra le biblioteche sarde, per vedere come si declinano i principi del Manifesto di Alessandria in un tempo circoscritto fra un futuro digitale e un presente di crisi economica, può portare a Ossi. Un piccolo centro, dopo il sistema bibliotecario sassarese e quello tecnologicamente avanzato di Sardegna Ricerche.
Qui il sistema è Coros-Figulinas, che comprende altre nove realtà, aderisce a Lìberos ed è gestito dalla cooperativa CoMeS.
Si tratta di una gestione che va avanti da tempo e questo, in un quadro segnato dalla precarietà dei contratti e dal cambio della guardia fra Regione e comuni come finanziatori, è comunque un vantaggio: «Il lavoro a lunga scadenza - spiega Alessandra Fois - è un fattore che paga, come l'avere personale professionale e poter impostare solidamente il servizio». Qualche numero chiarisce meglio: «Nel giro di dieci anni i prestiti annui sono passati da tremila a quindicimila, le presenze da duemila all'anno a dodicimila».
Il paese ha seimila abitanti e forse è per questa dimensione raccolta che la biblioteca ha seguito naturalmente l'evoluzione social che si registra negli Usa e che Antonella Agnoli (“Le piazze del sapere” e “Caro Sindaco, parliamo di biblioteche”) teorizza indicando gli scaffali pubblici come motore di un concretissimo welfare. «Prima - continua Alessandra Fois - qui si veniva semplicemente a prendere un libro in prestito, adesso è un luogo che soddisfa bisogni culturali, garantisce ascolto e spesso sostegno: c'è chi perde il lavoro e viene in biblioteca per farsi aiutare a compilare il curriculum o a valutare le offerte di impiego, c'è chi viene a navigare in internet o a farsi spiegare come si fa, c'è la signora di una certa età che viene con l'e-reader appena comprato per farselo configurare e per farsi insegnare a scaricare i libri».
E qui il bibliotecario non è più un bagnino che ti salva nel mare sconfinato della conoscenza digitale, ma un istruttore di nuoto. Anche perché, per quanto sembri paradossale, la signora dell'e-reader troverà più titoli da navigatrice solitaria che come utente della biblioteca: «Un privato che cerca un e-book sui siti di grandi editori ha una scelta doppia rispetto alle biblioteche: a noi non vendono volentieri perché quel libro lo presteremo gratuitamente». In teoria qualunque editore sa che ogni libro prestato e addirittura copiato abusivamente farà acquistare altre copie, ma per adesso «l'atteggiamento è quello delle case discografiche verso i file musicali: la sola preoccupazione è proteggerli dalla pirateria».
Celestino Tabasso