LA CITTÀ DIMENTICATA. Erbacce e giardino in abbandono nella residenza (1897) del Corso
La progettò Dionigi Scano e vi soggiornò Tommaso Marinetti
L'angelo bianco che svetta solitario e maestoso sopra l'imponente decorazione neoclassica sembra impennarsi verso il cielo e offrirsi allo sguardo di chi giunge dalla salita di via Pola. È l'immagine-cartolina della villa Congiu-Pattarozzi che, negli anni Trenta del secolo scorso, ha affascinato il poeta Filippo Tommaso Marinetti. Il fondatore del Futurismo era spesso ospite del proprietario Gaetano, figlio dell'avvocato Mario Pattarozzi, marito di Maria Cocco Ortu, nipote quest'ultima di Clotilde Cocco Ortu e Luigi Congiu. Marinetti e Gaetano erano amici, e villa Congiu-Pattarozzi una residenza dell'alta borghesia che Dionigi Scano progettò nel 1897 seguendo il modello delle residenze signorili dell'epoca, che avevano in genere un comune tratto distintivo: ricca cancellata in ferro, un grande giardino, la facciata della dimora simmetrica in stile classico, aperture ornate verso i piani più alti dove una figura - un angelo di gusto simbolista - dominava sopra tutto e tutti.
LA SCELTA Il nuovo ceto imprenditoriale cagliaritano decise negli anni a cavallo tra l'Ottocento e il Novecento di costruire le loro distinte residenze - edificate in modo da mettere in evidenza lo status sociale dei proprietari - in zone cittadine un po' isolate, non ancora urbanizzate. Erano circondate da grandi giardini ma non si trattava di fattorie o aziende agricole: semmai, come villa Congiu-Pattarozzi, di dimore ampie e lussuose.
L'IMPATTO Chi oggi s'affaccia dalla cancellata che dà sul corso Vittorio Emanuele 437 - due ringhiere laterali e un cancello centrale arrugginiti - deve farsi largo attraverso gli strappi di un drappo nero, applicato per negare la vista dell'interno ai curiosi. L'impatto con la maestosità della costruzione è irresistibile. Chi s'accosta e osserva non immagina certo il primo proprietario - Luigi Congiu, deputato e sottosegretario all'Agricoltura prima dell'avvento del Fascismo e cognato di Francesco Cocco Ortu, tra i fondatori de L'Unione Sarda - né Marinetti e Gaetano Pattarozzi che discettano di poesia negli anni del Futurismo. Più semplicemente, e con un pizzico di delusione, il passante prende atto dello stato di abbandono dell'ampio giardino che, occupando i 6.700 metri del terreno e circondando i 700 metri quadrati della villa, la casa del custode, un deposito e un garage confina con l'oratorio dei Salesiani.
IL RICOVERO Il viale che conduce alla dimora è in salita - ideale prosecuzione dell'erta finale di via Pola - ed è circondato da cespugli, piante spoglie e alte palme quasi addossate ai muri delle costruzioni laterali. Chissà dov'è il ricovero scavato nella roccia, divenuto durante la guerra un rifugio per il personale in servizio alla prefettura (i funzionari alloggiavano nei due piani della villa): fu costruito nel maggio del 1944 ed era lungo poco più di 37 metri.
GLI INQUILINI Al centro e in lontananza svetta la villa con i suoi tre saloni interni, le cucine, le otto camere da letto, i cinque bagni. Quel che chiunque può notare dall'ingresso del corso Vittorio Emanuele sono le architetture classiche disegnate da Dionigi Scano. L'aspetto dimesso della costruzione prevale e contrasta con l'idea di maestosità che, in prima battuta, chiunque registra quando la dimora si offre alla vista.
La villa (alcuni anni fa al centro di una lunga trattativa di vendita) ha avuto nei decenni diversi inquilini. Durante l'ultima guerra ha ospitato la prefettura, successivamente la Banca d'Italia e l'ufficio regionale del lavoro. Per vent'anni (1968-1988) vi ha dimorato il rappresentante del governo presso la Regione e fino al 1999 la Regione.
Pietro Picciau