Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Pagamenti pubblici bluff, si spera in una svolta

Fonte: La Nuova Sardegna
27 febbraio 2014

 
L’anomalia nell’isola: la Regione non conosce l’intero ammontare del debito Gli imprenditori: «La burocrazia ostacola le aziende. Molti i crediti inesigibili»

il nuovo governo»i riflessi in sardegna




di Alfredo Franchini wCAGLIARI Pagamenti pubblici come un miraggio, versamenti fuori legge. Ma ora potrebbe essere la volta buona: il neo premier Renzi ha annunciato la volontà di ricorrere alla Cassa Depositi e prestiti per rimediare a una delle grandi vergogne del sistema Paese. Per le imprese, sino a qualche anno fa, lavorare per il sistema pubblico significava avere fortuna; oggi, in molti casi, è stata l’anticamera del fallimento. E a nulla sono valsi i decreti dei governi, (prevedevano il pagamento dei lavori effettuati, come se fosse possibile il contrario), e nemmeno le procedure d’infrazione a carico dell’Italia avviate dall’Unione europea. In Sardegna le imprese annaspano, il sistema economico è privo di liquidità e sui debiti della pubblica amministrazione si gioca una partita decisiva per lo sviluppo. Dall’intero sistema pubblico le imprese sarde aspettano una cifra che si aggira attorno ai 360 milioni di euro. E qui si innesta l’anomalia del caso Sardegna perché nessuno è in grado di quantificare il reale ammontare del debito; perché al computo della Regione si devono aggiungere i bandi dei Comuni, i debiti delle Asl e di molti enti regionali. Più volte le associazioni industriali e artigiane hanno denunciato la «mancata trasparenza». «Ogni giorno riceviamo le segnalazioni di imprese che si trovano in difficoltà per aver lavorato con la pubblica amministrazione senza essere state pagate». Emessa la fattura, l’impresa si trova a dover anticipare l’Iva su risorse che non ha incassato. Come se non bastasse, la mano contraria della burocrazia si manifesta anche quando il pagamento sembra più vicino; la mano colpisce con la richiesta di certificati su certificati. «Oltre a tutti i fattori come la burocrazia e la ristrettezza del mercato», spiega Luca Murgianu, «sono la mancanza di liquidità e i ritardi nei pagamenti i due fattori che stanno spegnendo la nostra regione». In tempi di recessione come questa, una boccata d’ossigeno può venire solo dagli investimenti della pubblica amministrazione. I pagamenti - dato il blocco del credito da parte delle banche - avrebbero una funzione insostituibile per le industrie ma i tempi di pagamento nell’isola sono tra i peggiori d’Italia. C’è una difficoltà a poter ragionare su cifre ufficiali. Gli ultimi dati certificati risalgono al 2012: allora i residui passivi della Regione ammontavano a 4.943 milioni di euro e il debito certificato era pari a 572 milioni, cioè il 12% dei residui passivi. La giunta Cappellacci aveva comunicato di aver pagato un debito scaduto per 183 milioni a cui si dovevano aggiungere altri sedici del debito commerciale, 216 verso gli enti locali e 156 verso gli enti propri. I conti non tornano e Confartigianato si chiede, se il debito certificato era di 572 milioni cosa si cela nel restante 88 per cento? Il sospetto che sorge da più parti è che molti debiti accumulati dalla pubblica amministrazione non siano più esigibili. Luca Murgianu ha posto alcuni dubbi che non hanno avuto risposta dalla giunta uscente: «Quante operazioni che coinvolgono privati sono state lasciate in ponte senza avere la possibilità di certificazione o pagamento»? Troppe trappole amministrative sul cammino delle imprese. La Regione poi ha deciso di non usufruire dei benefici previsti da un decreto del governo nazionale sui pagamenti alle imprese. In base a quel provvedimento la Regione avrebbe potuto scomputare dal calcolo del Patto di stabilità i debiti accumulati nel 2012 per i quali fosse stata emessa una fattura. L’ex assessore Alessandra Zedda aveva spiegato che era stata una scelta quella di non certificare i debiti verso le imprese per evitare il pagamento di interessi penalizzanti (avendo la liquidità necessaria) Ora la partita si riapre e le imprese attendono la svolta promessa. ©RIPRODUZIONE RISERVATA