Le frane e i rischi da viale Regina Elena a piazzetta Aquilino Cannas
Incorniciato dalle transenne. E sull'asfalto, in quei tratti di strada off limits, le pietre e la terra cadute dall'alto. Per Castello, per la città vecchia, non è un bel biglietto da visita. Comincia a valle il degrado storico cui si sta cercando di mettere le pezze. In attesa del grande progetto che dovrà bloccare gli smottamenti, fermare le frane, scacciare i pericoli. Ed evitare il rischio crolli.
I GIARDINI In viale Regina Elena, le ferite sono evidenti. La passeggiata che dai giardini pubblici finisce in piazza d'Armi, dopo la pavimentazione sistemata molti anni fa (non gradita a tanti frequentatori, anziani in testa, per via dei possibili scivoloni durante le giornate di pioggia), denuncia i suoi punti critici.
Poco più giù, nello spicchio di via San Saturnino chiusa in parte da un cantiere, i lavori di sostituzione e rafforzamento della lunga muraglia di contenimento dei giardini hanno subìto forti ritardi. E gli operai sono ancora lì, tra il malcontento dei residenti. «Avremmo già dovuto finire da tempo ma c'è stata una modifica del progetto in corso d'opera, così le piante che inizialmente si dovevano eliminare perché a rischio-crollo, adesso vanno salvate. Così ora stiamo intervenendo per consolidarne la stabilità», dice il responsabile del cantiere, Carmelo Scotto. Cento metri più avanti, lungo il viale Enrico Endrich (ribattezzato da mani ignote via Michele Schirru in ricordo dell'anarchico venuto dall'America per far fuori Mussolini) ancora transenne. Le stesse piazzate nel 2005 e mai rimosse per evitare che qualcuno utilizzi le panchine di pietra e mattoni che rischiano di venir giù improvvisamente dopo lo smottamento del terreno.
E le frane c'erano state eccome, sul costone calcareo dei giardini pubblici, tanto da costringere il Comune a tamponare le ferite a suon di malta ma anche rinchiudere la parete friabile dentro un'immensa rete metallica. Esattamente come è stato fatto sul resto del costone che regge la cittadella dei musei lungo via Ubaldo Badas, oggi consolidato ma anche, per precauzione, bloccato dalle maglie metalliche.
IL CROLLO Oltre la torre di San Pancrazio, superata Porta Cristina, è la frana di piazzetta Aquilino Cannas a incutere timore. Subito dietro i palazzi della Soprintendenza archeologica di piazza Indipendenza e dell'ex museo archeologico, la voragine si è trascinata dietro la terra.
LA TERRAZZA La ringhiera di granito e ferro della minuscola terrazza da dove cagliaritani e turisti s'affacciano per godere del panorama sulla laguna di Santa Gilla, è venuta giù in una notte. E su quel piccolo e antico salotto dove l'occhio si perde nel mare del Golfo degli Angeli, l'asfalto si è bruscamente interrotto finendo dritto in via Fiume, dove inevitabilmente sono comparse altre transenne.
Recintata fu la piazzetta: è chiuso dagli sbarramenti l'angolo estremo che rischia di fare la stessa fine. Sotto, in via Fiume appunto, la frana di volta in volta lascia i suoi segni, rilasciando pietre e ancora terra. Èd è per questo che anche qui sono comparse da tempo le barriere in ferro dove via Fiume incontra via Porcell e via dei Genovesi.
Insomma, nel quartiere che interventi di recupero (spesso privati) hanno migliorato restituendo l'antica dignità, ci sono macchie nere che andreebbero cancellate.
IL PALAZZO Non di frana si tratta, intesa almeno come cedimento del terreno, ma il termine non è certo fuori luogo quando, correndo in via Dei Genovesi, ci si ferma al numero civico 33. Il vecchio palazzo non c'è più. Sono rimasti i ruderi. Anche questi recintati perché pericolosi. È anche questo, Castello. È questa la città vecchia che chiede di rinascere.
Andrea Piras
Presto i lavori in piazza d'Armi
Al via l'appalto per colmare la voragine
Scippati. O meglio, dirottati. Certo, per un fine nobile: contribuire alla ripresa di Olbia colpita dall'alluvione. Ma quel taglio ai finanziamenti arrivati da Roma e dalla Regione per salvare il rione di via Peschiera-via Marengo-via Castelfidardo (due milioni di euro), in Municipio non è piaciuto per nulla. Perché quei soldi avrebbero consentito di metter mano ai lavori e programmare la certezza per il quartiere poggiato sulle voragini.
«Di tre distinti finanziamenti, due sono stati appaltati per il rifacimento di via Peschiera e parte di via Marengo», ricorda l'assessore alla Viabilità, Mauro Coni. Il costo? Un milione e mezzo assicurati da Comune e Lavori pubblici regionale. Ne sono però rimasti però ottocentomila. «Saranno spesi per il riempimento della cavità di piazza d'Armi». Per colmare l'antro, il vuoto lasciato dalle attività estrattive degli anni '50. «Mancavano alcuni pareri che sono ora arrivati. In queste settimane - conferma Coni - si potrà procedere con l'appalto per il riempimento della voragine. In effetti l'idea era quella di andare oltre la voragine di piazza d'Armi e coinvolgere anche altre strade ma alla fine abbiamo dovuto rinunciare per lo spostamento dei fondi. Per il commissario straordinario Efisio Orrù l'area non era dichiarata interna al Pai. Un'interpretazione che ci ha trovati discordi. Ci sembrava paradossale che davanti all'emergenza fosse stato deciso di rinviare gli interventi». (a.pi.)