Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il centro storico non ha un Piano particolareggiato

Fonte: L'Unione Sarda
24 febbraio 2014

 

Smottamenti, attesa per lo studio

 

Terza in Italia dietro Roma e Napoli. Un record, assolutamente negativo, che l'Ispra, Istituto superiore per la protezione e ricerca sull'ambiente, aveva assegnato qualche anno fa a Cagliari. Terza, tra le città d'Italia, ad alto rischio di crollo. Di più: di sprofondamenti. Non solo teoria, evidentemente, visto che in questi anni di smottamenti il capoluogo isolano ne ha conosciuti e subiti parecchi.
I PERICOLI In Castello, a Stampace, alla Marina, nella zona di piazza d'Armi. Piccoli e grandi crolli che si ripetono periodicamente e che solo per miracolo non hanno procurato dolore e morte. Nel quadrilatero di via Peschiera si era sfiorata la tragedia, nell'agosto del 2008. Ma altre volte, Cagliari, ha rischiato il lutto. Via Sant'Efisio e via Fara, tanto per citare due storiche strade del centro storico e della zona alta di Stampace, i geologi le hanno messe sullo stesso piano di via Peschiera, la strada maledetta stretta tra Tuvumannu e piazza d'Armi, quest'ultima sospesa in un'immensa cavità.
Aveva studiato a fondo, il geologo Mauro Pompei, per tracciare il quadro esatto del sottosuolo cagliaritano. E non solo per ricostruire il vuoto sotto via Peschiera, via Marengo e via Castelfidardo.
L'ATTESA Se però su quella fetta di città un piano di messa in sicurezza esiste, su Castello e altre zona di Cagliari c'è ancora tanto da fare. «Esiste il piano di assetto idrogeologico regionale in cui è inserito anche il centro storico di Cagliari, c'è però la necessità di completare il piano particolareggiato», spiega Barbara Cadeddu, assessore alla Pianificazione, «così da poter verificare quali siano tutte le aree a rischio. Ad oggi sono state censite sessanta cavità». Insomma, per strappare a Cagliari il terzo posto in classifica tra le città col più alto rischio di sprofondare, c'è da percorrere una strada ancora lunga e da recuperare parecchi quattrini per la messa in sicurezza del sottosuolo. Intanto i costoni si sbriciolano. E spuntano le transenne. Molte delle quali restano perennemente a memoria di una frana senza più età.
AL CAPEZZALE «Castello è malato di transennite », taglia corto Gianfranco Carboni, anima in passato della circoscrizione e fondatore di un attivissimo comitato. «Castello è Cagliari e Cagliari è una delle città più belle del mondo, ma è anche tra le più martoriate, dimenticate. Posso raccontare un aneddoto? Recentemente sono stato a Toledo, stavo visitando la parte vecchia e un camion ha buttato giù uno dei dissuasori che impediscono l'accesso delle auto. Ebbene, abbiamo continuato la visita, quando poi siamo riusciti dal centro storico quel blocco di pietra era già stato sostituito. Qui, invece, per ogni buco che si apre nell'asfalto si piazzano le transenne e spesso restano lì parecchio tempo». Come appunto in viale Regina Elena, in viale Endrich, in via Fiume e piazza Cannas.
LA RICETTA «Il degrado è frutto dell'abbandono. Lo abbiamo detto per anni. Si rimetta a posto il quartiere, lo si metta in sicurezza e non ci saranno più le case sfitte. Castello, vedrete, così risorgerà e magari potrà di nuovo avere migliaia di residenti che un tempo lo rendevano vitale». La ricetta per Gianfranco Carboni può arrivare solo con la predisposizione del Piano particolareggiato del centro storico. «Troppo in ritardo».
A. Pi.

Una lunga storia
di smottamenti

 

 

Si erano calati i rocciatori, sulle falesia di viale Regina Elena, alla fine dell'inverno del 2005, quando grossi massi si erano staccati dal costone per piombare di sotto. Frane sui giardini delle ville, sul piazzale retrostante de L'Unione Sarda. Erano scesi con le loro corde, con gli strumenti per verificare lo stato dei luoghi, valutare i punti deboli sui quali bisognava intervenire. Con celerità, per scongiurare la sciagura. Erano gli specialisti della Progeo Lavori, la società specializzata nel campo della geotecnica e del consolidamento guidata dall'ingegner Vittorio Falchi che lavorò su commissione del Comune.
Via le piante infestanti, le radici dei rampicanti che avevano contribuito a scavare nel tufo rendendolo friabile, indebolendolo. E in quelle spaccature infilarono a forza la malta, mentre più giù la falesia di Castello affacciata su Villanova si arricchiva di pali di ferro e rete metallica, una barriera per fermare la corsa verso il basso dei macigni.
Da viale Regina Elena a San Michele. Frane e voragini, un allarme continuo. Stampace e Villanova, l'emergenza. Una pezza e via. Il Terrapieno confermava il suo stato di assoluta precarietà.
Il passato dimenticato? Sono giorni molto simili a quelli dell'inverno del 2005. O del 2006, quando le frane continuarono a far scattare l'allarme e far trillare i campanelli dell'emergenza. Il giro di vite non è arrivato. Di quattrini ne serviranno parecchi per salvare Cagliari, per strapparla alla classifica impietosa della terza città con il più alto rischio di smottamenti. Intanto il Comune lavora per dotarsi di quegli strumenti tecnico-amministrativi (come il Piano particolareggiato) senza i quali nessun progetto potrà essere elaborato e ancora di più adeguatamente finanziato. (a. pi.)