CULTURA
Bulgaro di nascita e tedesco d'adozione, ha diretto l'Orchestra stabile del Teatro con una gestualità ampia ma controllata, misurata, quasi d'altri tempi.
di Francesca Mulas
Davanti ad una platea gremita di ascoltatori, come non si vedeva da tempo, venerdì 21 (replica sabato 22 febbraio) è salito sul podio del Teatro Lirico di Cagliari Julian Kovatchev. Bulgaro di nascita e tedesco d'adozione, ha diretto l'Orchestra stabile del Teatro con una gestualità ampia ma controllata, misurata, quasi d'altri tempi sia nel colpo d'occhio che all'ascolto. D'altronde, i brani eseguiti nella prima parte ben si prestavano a questa visione: l' Ouverture in Do maggiore "Im italienischen Stile" D 591 di Franz Schubert (1817), pur essendo composta da un autore considerato fra i capisaldi del Romanticismo musicale, è sia per la forma che per la tensione armonica e melodica squisitamente classicheggiante.
Il diciannovenne Schubert, affascinato dalle opere rossiniane, compone questa Ouverture (pezzo sinfonico che normalmente precedeva un melodramma, in questo caso brano a sé) prendendo alcuni stilemi del compositore italiano come i "crescendo" improvvisi o la leggerezza della scrittura dei fiati e le fa proprie in un piccolo gioiello retrò. L'Orchestra suona in modo quasi galante e fuori tempo, con grazia e trasparenza nei cambi di tempo improvvisi e nella chiarezza mozartiana: una linea che si ritrova nella Deutsche Messe, del 1827, su testo tedesco (da qui il titolo) di Johann Philipp Neumann. L'organico è particolare: un ensemble di fiati, un timpano, organo e coro, strumentazione che ovviamente si riflette nell'effetto finale. Non abbiamo di fronte un brano di grande effetto, ma una Messa quasi dilettantistica, che sembra essere stata composta solo per piacere personale: il coro si muove in un blocco unico, come una sola voce (prova che i cantanti cagliaritani hanno brillantemente affrontato, sotto la guida del M° Faelli), mentre i fiati si esibiscono in divertimenti virtuosistici nei quali viene alla luce la bravura delle prime parti delle sezioni dell'Orchestra di Cagliari. Si tocca con mano la lontananza dal Romanticismo, come una pausa di razionalità nel complicato mondo schubertiano. Da sottolineare come nell'esecuzione cagliaritana non sia stata eseguita l'Appendice La Preghiera del Signore, aggiunta da un anonimo nel 1845. Dopo l'intervallo, le sonorità romantiche travolgono il pubblico in ondate continue: è la Sinfonia n. 3 in la minore "Scozzese" di Felix Mendelssohn-Bartholdy. Già lo spunto compositivo, il ricordo della visita di Mendelsshon alla cappella di Maria Stuarda presso Edimburgo, è strettamente Sturm und Drang (anche se lo stesso compositore non volle apporre l'aggettivo "scozzese" nella prima pubblicazione, nel 1842, per non dare l'impressione di un brano descrittivo). L'Orchestra del Teatro Lirico ha scatenato tutto il potenziale di cui è capace: le dinamiche improvvise, i giri armonici, i motti dalle melodie struggenti (specialmente degli oboi e clarinetti e dei violoncelli) hanno affascinato il pubblico, e la grandiosa chiusura finale ha concluso la serata in bellezza. Il prossimo appuntamento, venerdì 28 febbraio, avrà come protagonista un grande della musica italiana, Mario Brunello, nella veste di violoncello solista e in quella, più insolita, di direttore d'orchestra.