Anni di duri contrasti tra la Regione e lo Stato, il nuovo governatore dovrà riaprire le trattative in stallo
di Alfredo Franchini
CAGLIARI Nel Centrodestra sardo sono convinti che, per la prima volta, Berlusconi non sia stato d’aiuto a Cappellacci. Due comizi senza fine a Cagliari e a Santa Giusta con una caratteristica: una lunga disquisizione sui casi giudiziari, personali e il caso Mediaset, poi riferimenti storici su Churchill, Stalin e Gramsci, gli aneddoti sulla Merkel e pochi riferimenti alla Regione. Così che a Cagliari dopo un paio d’ore di comizio, qualcuno dalla platea urlò: «Silvio, parla della Sardegna». E poi quegli auguri e quell’ammirazione per Renzi, un po’ troppo anche per Cappellacci che cercava di differenziarsi: «Abbiamo rullato Veltroni nelle precedenti elezioni, stavolta rulleremo Renzi». Con il sindaco di Firenze che rispondeva: «Rullare me? Cappellacci ha rullato i sardi». Cappellacci, nonostante la sconfitta, non condivide la tesi: «Berlusconi è il leader dei moderati e avere il suo appoggio è sempre importante», dice. «Rappresenta un valore aggiunto per il centrodestra sardo». Sotto accusa finisce Pili che Berlusconi non nomina mai: «Uno che era con noi si è messo contro» ma non lo risparmiano né Cappellacci, né Cicu che si erano avvicinati ad Alfano per poi tornare con Berlusconi poco prima delle elezioni. Pili replica senza remore verso il suo ex leader: «La vecchia litania di Berlusconi sul voto inutile è un disco rotto per continuare ad imbrogliare i sardi». Pili assimilato ad Alfano per il cavaliere, come è accaduto per tutti i suoi “figliocci” che hanno cambiato casacca. Prima allontanati e poi emarginati. Ma è chiaro che ora il Centrodestra dovrà riflettere sulla nuova situazione. Pigliaru ha vinto per la sua competenza, il suo stile e stando a un sondaggio della Sgw ha comunque beneficiato, sia pure in minima parte, dell’effetto Renzi.
Un bagno di folla a Sassari e a Cagliari, la sensazione di un cambiamento possibile sulle ali di uno stile tutto nuovo, di un approccio pragmatico. Cosa accadrà ora? La Regione torna ad avere omogeneità di governo tra Cagliari e Roma. Da sola non basterà: il dibattito nazionale sul federalismo abbandonato dopo l’approvazione di quattro decreti su otto, non è favorevole al regionalismo. Anzi, in campo nazionale ci sono molte forze politiche che puntano addirittura all’abolizione delle regioni speciali. Sarà quindi importante l’autorevolezza di un governo della Regione in grado di riaprire il tavolo delle trattative senza alcun preconcetto. Nei cinque anni della giunta Cappellacci, il rapporto Stato-Regione ha toccato il punto più basso della storia autonomistica. Troppe iniziative solitarie che sono sbocciate nella minaccia di azioni unilaterali: «Il Patto di stabilità lo cambiamo da soli», annunciò, ad esempio, il presidente Cappellacci. Come la zona franca: la legge è stata respinta da Camera e Senato perché priva della relazione tecnica con cui si dovevano evidenziare le opportune coperture finanziarie. Il futuro governo Renzi potrebbe avere qualche sottosegretario sardo e non proprio un ministro ma non sarà determinante per l’isola: la giunta Pigliaru crede di poter far ripartire la vertenza sulle entrate in un confronto di correttezza istituzionale. ©RIPRODUZIONE RISERVATA