Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

«Il patto di stabilità non sarà più un tabù»

Fonte: La Nuova Sardegna
19 febbraio 2014


 
Il presidente detta le sue priorità: «Cominciamo da ambiente e istruzione Se sarà necessario faremo sentire la nostra voce anche con Renzi» 
 

 
 
 
Penso che Sassari abbia una forte considerazione di sé e questo orgoglio ha avuto un peso, ma il mio progetto coinvolge tutta l’isola
 
 

di Pier Giorgio Pinna

CAGLIARI «Faremo sentire la nostra voce. E, se necessario, l'alzeremo, col governo Renzi: penso che bisognerà stare molto attenti al patto di stabilità, non è intoccabile, potremo dover spendere soldi per le nostre priorità, e mi riferisco soprattutto all'edilizia scolastica e al riassetto idrogeologico». Si mostra ancora una volta fermo, deciso, e soprattutto pronto a prendere di petto le emergenze, Francesco Pigliaru. Nella sua prima lunga intervista dopo la vittoria elettorale tocca ogni tema, entra nel merito delle singole questioni. E non nasconde neppure a se stesso le difficoltà che tra breve sarà costretto ad affrontare. A partire dalla seconda Vertenza Entrate. «Per la quale – dice – dovremo muoverci invece con tutta l'autorevolezza tecnica necessaria». «Ma sono certo che riusciremo a superarle, con l'appoggio dei partiti e il meglio delle competenze del centrosinistra, nell'interesse della Sardegna e dei sardi», spiega, come di consueto, in perfetto stile anglosassone.
Mancano pochi minuti a mezzogiorno. Il Professore ha appena varcato la soglia del quartier generale della coalizione, una serie di sale super attrezzate e moderni uffici al piano terra di una palazzina a pochi passi dalla gradinata della basilica di Bonaria. Giacca marrone di tweed, pantaloni di velluto beige e immancabile camicia bianca, appare più rilassato dopo una notte di riposo. Ma prima di tutto l'economista prestato alla politica chiede una pausa. «So che suona un po' male sottolinearlo, ma ho un tantino di fame: se permettete mangio qualcosa», si limita a dire. Un istante più tardi, insieme con qualche collaboratore, si dirige verso una camera defilata. Sgranocchia alcuni crackers e qualche biscotto secco. Beve un bicchiere d'acqua minerale. Poi si siede sfoderando un grande sorriso. E per 28 minuti risponde alle domande, senza tirarsi indietro di fronte a qualche quesito scomodo, senza fingere che quella che lo attende sarà una passeggiata. Presidente, che tempi richiederà il suo insediamento? «Credo qualche giorno. Bisognerà attendere la proclamazione dei risultati. Lasciare che ogni cosa rivesta i crismi dell'ufficialità». Che cosa l'ha colpita di più nel risultato elettorale? «Che abbiamo vinto molto bene. Che abbiamo vinto anche a Cagliari. E poi l'entusiasmo che siamo riusciti a creare veramente in brevissimo tempo partendo in ritardo». Qual è il giudizio sul successo elettorale ottenuto a Sassari, la sua città? «Ho passato a Sassari 24 anni della mia vita, intensamente. E sono sicuro che questo rapporto abbia influito. Credo che Sassari custodisca un’immagine forte di sé e penso che quest'orgoglio abbia avuto un peso. Ma penso che il nostro progetto in larga misura abbia convinto ovunque nell'isola». Per quale motivo, secondo lei? «Perché alla fine la differenza di proposte rispetto agli altri durante la campagna elettorale si è vista. C'è chi ha fatto una campagna urlata. Chi come noi è stato accusato di tenere toni troppo soft. Però al momento del voto la gente ha capito bene tutto. E ha scelto consapevolmente». Si riferisce a Michela Murgia? «Anche, ma non soltanto a lei: la politica ridotta a un teatrino non m’interessa». Da lei mai una risposta, neppure quando Cappellacci l'ha paragonata a Topo Gigio… «Se è per questo, preferisco non rispondere neanche adesso». Come mai? Per reale indifferenza? «Secondo lei? Beh, diciamo che i fastidi bisogna gestirli. Qualcuno ha detto di me: non è misurato si autodisciplina. Ritengo che in politica ci si debba essere abituare a non seguire le farfalline, non stare dietro a ogni sciocchezza. Perciò negli ultimi giorni ho persino evitato di leggere i giornali». Per quale ragione, a suo avviso, l'esito del voto non ha ripagato l'impegno speso dalla scrittrice di Cabras? «Michela Murgia è una persona che stimo e apprezzo molto. Però ritengo che in certe situazioni abbia forzato i toni, esasperando i concetti per ragioni di carattere elettoralistico. Come si fa a sostenere che centrosinistra e centrodestra sono uguali? I fatti, alla resa dei conti, non le hanno dato ragione al momento dello spoglio delle schede». Invece, per quel che riguarda il programma, che cosa ritiene abbia spinto di più a votare per voi? «Immagino la convinzione che cercheremo di fare subito quel che abbiamo promesso… (sorride ancora) anzi no… ho cambiato idea: voglio annunciare che dell'istruzione non me ne frega nulla. Ma no, è una battuta, naturalmente: non posso scherzare anch'io qualche volta?» Lei ha già spiegato che darà spazio agli interventi annunciati per la ripresa dell'isola già nei primi mesi di governo. È così? «Prima di tutto vogliamo creare un ambiente favorevole alle imprese. Zona franca dalla burocrazia, spesa pubblica intelligente, riduzione del carico fiscale, pagamenti puntuali da parte della pubblica amministrazione». Da molti lei viene descritto come un economista liberista: spazio solo al mercato? «In realtà io mi considero piuttosto un economista liberal. È diverso. Voglio dire che i posti di lavoro li creano le imprese messe in condizione di operare con flessibilità di manovra, come avviene in tutti i Paesi del Nord Europa. Tutto questo serve a creare ricchezza». E l’altro lato della medaglia? «Inclusione sociale, sicurezza per i lavoratori nei periodi di disoccupazione e occupabilità sono tutti temi che ricadono esattamente nelle competenze delle istituzioni pubbliche. Spetta anche alla Regione cogliere le opportunità offerte dalla globalizzazione. La sfida, quella vera e sostanziale, è far funzionare bene le istituzioni». Quali contromisure per le aziende in crisi profonda? «Se ci sono miniere o fabbriche fuori mercato, non sono io a deciderlo. Ma, appunto, il mercato. Prendiamo l’Alcoa: il nostro ruolo sarà quello di valutare tutte le opzioni serie, con rapidità, e dare risposte conseguenti». Poi c’è la Vertenza Entrate. «Certo. Esistono sempre ampi margini di manovra per recuperare crediti dello Stato, spendere meglio e spendere di più». È il caso dei fondi destinati all’alluvione? «Lo è. Così come quello della scuola. E in situazioni come queste, lo ripeto, chiederemo una revisione del patto di stabilità: tanto per la Regione quanto per i Comuni». Quali metodologie per la ripartizione delle risorse nei territori? «Prevederemo pari opportunità per tutti i sardi. E non solo per l’istruzione o il rientro dei ragazzi costretti a emigrare perché qui non trovano un lavoro adeguato al loro livello di specializzazione. La battaglia per creare nuovi posti di lavoro sarà concreta, anche con le bonifiche dei siti inquinati». Insomma: niente più figli e figliastri a seconda delle aree geografiche? «Partiremo dalle esigenze segnalate da ogni territorio, più che dalle città in senso stretto. E se le riterremo confacenti allo sviluppo, le sosterremo senz’altro. In più, massima attenzione alle zone interne, con una Regione aperta e meno centralista».

 

Piano paesaggistico dei sardi: sono in tanti, a cominciare dagli ambientalisti e dal Fai, a chiedersi se cancellerà il progetto Cappellacci sollecitando risposte all’emergenza sul dissesto idrogeologico. «Confermo il ritiro. Per il dopo-nubifragio ci attiveremo immediatamente. Stesso discorso per ogni misura in agricoltura e pastorizia tesa alla crescita della capacità di esportare». Tagli? «Non certo all’istruzione, però: come sottolinea lo stesso Matteo Renzi persino i Paesi più attenti alla riduzione delle spese si sono ben guardati da contrarre gli investimenti in questo settore». Nomine alla Regione: spoil system sì o no? «Per quale motivo chi lavora bene e ha delle competenze non dovrebbe restare al suo posto? Ho apprezzato la continuità amministrativa garantita persino da Cappellacci in qualche caso». Aveva pensato di presentarsi alle primarie? «Sì, ma non avevo in quel momento la percezione di poter unire abbastanza. A ogni modo sono sempre stato disponibile a entrare in campo nella misura in cui quell’obiettivo fosse stato considerato raggiungibile».

 

Qualcosa da correggere in questa legge elettorale che sta creando così tanti problemi? «Più d’una, penso. Ma se ne occuperà con calma il consiglio regionale». A proposito qual è il suo parere sula scarsa rappresentanza femminile? «Quando non ci sono abbastanza donne, nel consiglio come più in generale, ci troviamo di fronte al segnale di una società non abbastanza aperta». Come si regolerà sotto questo profilo per l’esecutivo? «Una cosa è il consiglio, un’altra la giunta: sono due cose diverse». Come riuscirà a fare regia tra forze tanto differenti nella sua coalizione? Sarà davvero possibile la coesione? «Non penso che adesso avrò problemi. Attraverso un programma di sintesi tutti ci riconosciamo già in un centrosinistra moderno. E con gli stessi sindacati dialoghiamo con un linguaggio più adatto alle esigenze di oggi. A suo tempo anche Renzi ha faticato a essere capito nello stesso Pd». Con quali criteri formerà la giunta regionale? «Il primo è quello della competenza. Anche politica. Con gente che si senta parte di una squadra impegnata a realizzare le proposte fatte in queste settimane». Un governo del presidente? «Non è mai rientrato nelle mie intenzioni. Abbiamo vinto con i partiti, che al loro interno possiedono risorse eccellenti. Terrò conto anche delle loro indicazioni: del resto, il centrosinistra racchiude le migliori competenze dell'isola». ©RIPRODUZIONE RISERVATA