Vuole una Regione-modello. Istituzioni efficienti come in Svezia, istruzione di alto livello come in Trentino, sostegno ai disoccupati come in Danimarca. Dopo la prima notte da governatore, Francesco Pigliaru non ha paura di dire che si ispirerà alle migliori esperienze, in giro per l'Europa, per la sua Sardegna del buongoverno. «Punteremo sulla competenza, anzitutto nella squadra».
Già pronti i nomi per la Giunta?
«No. Ho qualche idea».
Su quali criteri sarà formata?
«Il criterio è avere gente competente. Persone che siano molto convinte delle cose che abbiamo detto in campagna elettorale».
Ci saranno indagati?
«No. Quando si chiariranno le vicende giudiziarie in corso, potremo tenerne conto».
Solo assessori tecnici?
«Neppure questo. Quando parlo di competenze, non intendo solo quelle tecniche. Servono anche quelle politiche».
Quindi non sarà una Giunta del presidente, senza i partiti?
«Mai pensato a una Giunta del presidente, almeno in quel senso distorto. Abbiamo vinto insieme ai partiti, nel centrosinistra ci sono risorse eccellenti. Molte delle migliori competenze dell'Isola».
Solo maschili però, a giudicare dagli eletti in Consiglio. La Giunta servirà a rimediare un po'?
«Considero molto negativo il fatto che ci siano poche elette. Quando si vedono poche donne nelle istituzioni significa che qualcosa non funziona, è una società poco aperta. Giunta e Consiglio sono mestieri diversi, ma le competenze ci sono in entrambi i generi».
Si impegnerà per far modificare la legge elettorale?
«È un tema tipicamente consiliare. Ma lo approfondirò. A occhio mi sembra che ci sia qualcosa da correggere, ma ancora non me ne sono occupato a fondo».
La Giunta Cappellacci ha fatto alcune nomine anche di recente. Cercherà di revocarle?
«Le vedremo una a una. Non sono così favorevole a uno spoil system totale. Bisogna distinguere chi ha lavorato bene e chi male. Se Cappellacci ha nominato una persona in gamba, sarà considerata una risorsa preziosa. È successo in qualche caso anche quando si è insediato il centrodestra, e io l'ho apprezzato».
Non teme che una dirigenza politicamente poco affine, anche negli assessorati, crei problemi?
«Non mi aspetto boicottaggi, se è questo il timore. Nell'amministrazione regionale c'è tanta gente in gamba. Ma davvero tanta. Ricorda il Master and back?».
Sì, perché?
«Fu fatto in quindici giorni. E lo fece la struttura, gli uffici. Su nostre precise indicazioni politiche. Era difficile, bisognava modificare un programma operativo. Ma gli uffici lavorarono benissimo. Se ci sono indirizzi chiari succede così».
Non è sembrato molto sorpreso di vincere. Ma ci sarà qualcosa che l'ha colpita di più, nel risultato.
«Forse il fatto che siamo andati molto bene anche a Cagliari. O più ancora, l'entusiasmo che siamo riusciti a creare in pochissimo tempo, in una campagna elettorale partita molto in ritardo».
Perché l'estate scorsa non si è presentato alle primarie?
«Se n'era parlato, ma all'epoca non avevo la percezione di riuscire a unire. La mia disponibilità a entrare in campo era legata alla possibilità di essere un fattore di unione, non di divisione».
Contento del trionfo a Sassari?
«È un grande piacere personale, essendo nato e cresciuto lì. Ma abbiamo avuto un buon esito un po' ovunque».
Qual è stata la carta vincente?
«Credo che si sia vista la serietà della nostra proposta. Abbiamo fatto una campagna elettorale non urlata, per alcuni fin troppo pacata. Ma è stata apprezzata».
Non ha neppure risposto a chi la chiamava Topo Gigio, assesSoru...
«...e non ho intenzione di farlo neppure adesso».
Questo era scontato. Ma la domanda è: al di là della scelta di non rispondere, quelle cose le hanno dato fastidio?
«I fastidi ci possono stare, ma si gestiscono. In politica serve l'educazione all'autodisciplina. Altrimenti non fai un buon servizio a te stesso e alla gente che vuoi rappresentare».
Forse l'ha irritata di più Michela Murgia, accostando destra e sinistra.
«Perché stimo Michela Murgia. E da una persona che stimo mi aspetto il massimo di correttezza delle argomentazioni. Talvolta mi è sembrato che lei forzasse certe convinzioni per ragioni elettoralistiche. Non credo che pensi davvero che siamo uguali al centrodestra, eppure ha ritenuto di doverlo dire spesso».
Tra le priorità, cita spesso l'istruzione. Qualcuno le ha mai detto di parlarne meno, per puntare su argomenti più elettoralistici?
«Non me l'hanno detto, ma lo vedevo da alcune facce... Poi però anche Renzi, quando è venuto qui, ha detto che bisogna ripartire dalla scuola».
A proposito: ha detto che alzerà la voce anche con Renzi, per farsi ascoltare dal governo. Su cosa?
«Bisognerà stare molto attenti al patto di stabilità. È necessario poter spendere le risorse che abbiamo, per immediati investimenti sull'assetto idrogeologico e sull'edilizia scolastica».
Serve un'altra vertenza entrate?
«Forse, ma per quella non serve alzare la voce, semmai l'autorevolezza tecnica per andare a Palazzo Chigi con buoni numeri che dimostrino le tue ragioni».
Cosa farà del Ppr di Cappellacci?
«Ci lavorerò appena sarò insediato. Non mi è sembrata una vera approvazione».
Come si rilancia l'occupazione?
«Il lavoro lo creano le imprese. Dobbiamo metterle in condizione di farlo. Ci chiedono di alleggerire la burocrazia, perciò partirà subito il tavolo per la semplificazione. Contiamo anche di ridurre la pressione fiscale, ma responsabilmente».
E se una miniera non ce la fa?
«Se è fuori mercato, è fuori mercato. Però per Alcoa, per esempio, ho detto spesso che valuteremo se ci saranno imprenditori seri. In quel caso, di certo non li faremo attendere anni per una risposta».
Ma se un'impresa non riesce a riprendersi, la sosterrete?
«Su questo sono stati fatti errori gravi. Non sarà mai la Regione a sostituirsi a un'azienda senza mercato. Credo nella flessibilità: se un'impresa deve cambiare settore, e perciò magari anche la manodopera, bisogna rispettare il mercato. Ma a quel punto è necessario accompagnare da vicino i lavoratori nei periodi di disoccupazione».
Lei crede nella possibilità di far funzionare i Centri per il lavoro, eppure tutti siamo abituati a pensare che il lavoro non si trova lì.
«Questa è la sfida delle sfide: far funzionare bene le istituzioni. Tutte, non solo i Csl. Se altri Paesi e altre regioni d'Italia ci riescono, perché non noi?».
La Sardegna come una regione modello?
«Se non andiamo in quella direzione, non avremo nessuna speranza di cambiare le cose».
Giuseppe Meloni