Il governatore battuto analizza il voto a caldo con la famiglia e i volontari: «Chi governa parte sempre svantaggiato e la gente punta sull’alternanza»
la sconfitta del centrodestra
di Umberto Aime wCAGLIARI Giuseppe, 22 anni, lo protegge, nel momento più difficile, quello in cui il padre dovrà ammettere davanti a tutti: «Ho perso». Telecamere, microfoni e taccuini: Ugo Cappellacci, lo sconfitto, è assediato, eppure incrocia lo sguardo premuroso del figlio. Si avvicina, un sorriso, la complicità è nella pacca sulla spalla: «Sono sicuro – dice l’ormai ex governatore – che dopo cinque anni vissuti in apnea, quando non puoi neanche fare la spesa perché qualcuno prima o poi ti ferma, tornerò a fare il padre a tempo pieno». La cavalcata del commercialista diventato presidente della Regione si chiude così: lui, la moglie Cristina e i tre figli, Giuseppe, Margherita e Chiara. Seduti in circolo, nella sala grande di un quartier generale triste e prossimo a essere smobilitato. È come se la famiglia Cappellacci fosse raccolta nel salotto di casa, impegnata a parlare di pagelle e università e invece c’è ben altro sul tavolo: aiutare il capotribù a metabolizzare una sconfitta inaspettata che brucia e fa male. L’ingresso. Mancano pochi minuti alle 18 quando Cappellacci fa il suo ingresso al secondo piano di un fortino ormai violato. Ha gli occhi lucidi, ma non fa in tempo a dire una parola che i volontari lo sommergono. È un’ovazione, è l’abbraccio collettivo della sua gente. «Non mi voglio commuovere ora – dice – perché sarebbe il momento peggiore». Parla di getto e mette subito in chiaro il futuro: «Siamo usciti sconfitti da una battaglia importante, ma non ci fermeremo. Dai banchi dell’opposizione, continueremo a essere a combattere per gli ultimi. Siamo stati e continueremo a essere le sentinelle in difesa dei diritti della Sardegna, a rivendicarli a Roma e alla Regione». C’è dell’enfasi nell’approccio, ma sono le mani di Cappellacci a dire che è emozionato: sono piccoli movimenti, su è giù per la giacca, quasi cercasse qualcosa nelle tasche. La metafora è facile: dove sono quei 13mila voti che gli sono mancati e costretto al secondo posto? Scomparsi, come capita spesso anche alle chiavi di casa: lasciate il giorno prima sul tavolo e nascoste l’indomani da un folletto dispettoso. Peggio ancora, se l’elfo che si è messo di traverso, come dicono in molti, arriverebbe dal Sulcis e avrebbe un nome: l’ex amico Mauro Pili. L’analisi. Quella di Cappellacci è questa: «Non so ancora dire cosa non abbia funzionato. Non ho analizzato ancora i dati, lo farò, ma chi governa purtroppo parte svantaggiato in tempi di crisi e soprattutto quando è scarsa affluenza alle urne. Se la gente sta male, spera sempre che con l’alternanza possa vivere meglio. Abbiamo dato il massimo in questi cinque anni ed eravamo pronti a far altrettanto nei prossimi con un progetto che ritenevamo importante per i sardi, ma questo messaggio non è passato». Qualche errore certo Cappellacci l’ha commesso e forse il primo potrebbe essere quello di essere stato troppo duro con gli alleati almeno negli ultimi anni di giunta. Fuoco amico. C’è stato oppure no? Nel centrodestra il voto disgiunto è stato pilotato da qualcuno che voleva vendicarsi di un uomo troppo spesso solo al comando? Per Cappellacci sono tutte fantasie e ancora meno può accettare il sospetto di essere stato il candidato sbagliato. «La coalizione ha retto – dice – abbiamo perso e basta. I valori assoluti confermano che io e i partiti abbiamo camminato assieme. Anzi, ho circa 10mila voti in più. A far scattare i fantasmi del complotto ai miei danni potrebbe essere chi guarda solo alle percentuali. Ebbene, è vero che in questo caso i partiti della coalizione sono andati leggermente meglio nel confronto con le altre alleanze, ma quello che contano, ripeto, sono i voti assoluti e lì non ci sono stati sgarri». Forse è troppo presto per assolvere tutto e tutti, qualche trucco potrebbe esserci stato, ma Cappellacci avrà tempo per riflettere sulle tabelle ufficiali e leggere con attenzione se il patto di fedeltà ha retto in ognuna delle circoscrizioni. Il partito. Nonostante continui a essere il primo partito dell’opposizione, e ci mancherebbe altro, continua la fuga degli elettori da Forza Italia. Centoventimila voti divorati in 5 anni: perché? Cappellacci sul tema non ci ha ragionato ancora, ma i contraccolpi nel vertice degli azzurri potrebbero essere immediati. L’opposizione. L’annuncio dello sconfitto è stato secco: «È un dovere da cui non mi potrò sottrarre per rispetto di chi mi ha votato. Sarà un’opposizione costruttiva ma molto vigile non solo sulla giunta ma anche sul governo nazionale». La telefonata. «Quando il risultato si è consolidato, ho telefonato al vincitore per gli auguri. Ma poi fra me e me mi sono detto: ritorni a casa». In famiglia.