Il neo-presidente: serietà premiata. E Renzi telefona: grande Francesco
il successo del centrosinistra
di Pier Giorgio Pinna wCAGLIARI
Scacco matto. In cinque mosse Pigliaru diventa re di Sardegna e sfila lo scettro a Cappellacci: 2,4 i punti percentuali di vantaggio e 36 i seggi conquistati grazie al premio di maggioranza. «Ha già chiamato Renzi e mi ha gridato al telefono “Grande, Francesco!”», ha spiegato d’un fiato il Professore, arrivato alle 17.20 nel quartier generale del centrosinistra. Via Bottego. Sotto la basilica di Bonaria. Traffico bloccato per lasciare spazio, in una giornata che sa di primavera, alla gioia dei sostenitori. Tra loro, due ex governatori: Soru e Palomba. «Ha vinto l’isola, ho comunque risposto a Matteo, e infatti da oggi sono impegnato a essere davvero il presidente di tutti i sardi, anche di quelli che alle urne non sono andati», ha aggiunto Pigliaru. Che neppure in quest’occasione ha perso il consueto aplomb. E solo agli hurrah d’incitamento dei suoi, tra gli applausi, si è tolto il maglione verde ed è rimasto con la camicia bianca alzando le mani al cielo in segno di trionfo. A due passi, il braccio destro di sempre Filippo Spanu e un raggiante Silvio Lai. Renzi era sbarcato in Sardegna 10 giorni fa per sostenere la candidatura del docente sassarese prestato alla politica. Il quale, con lo stesso fair play, sempre ieri ha detto di aver ricevuto un’altra telefonata. «Quella di Cappellacci: con cortesia si è voluto complimentare per il successo, l’ho ringraziato, ma naturalmente mi sento impegnato a far dimenticare i suoi cinque anni di governo», ha rimarcato Pigliaru. Manovre. E i criteri per la formazione della nuova giunta? «C’è ancora tempo: vedremo», ha risposto poi. Il Professore, in appena un mese e mezzo di campagna elettorale, ha avuto il merito di ottenere 13mila consensi più del governatore uscente. E allo stesso tempo di convincere chi è andato alle urne a non appoggiare Michela Murgia. Due mosse fatte in silenzio ma con la determinazione di un Cesare dei nostri tempi e la classe di un giocatore di razza. Fuga dalle urne. Certo, come dimostrano il pesante astensionismo e la diserzione di massa degli internauti del M5S, Pigliaru ha beneficiato dell’assenza di un movimento che alle ultime politiche aveva riscosso quasi il 30%. Ma la sua coalizione di centrosinistra è stata in grado di guadagnare terreno con un’altra mossa decisiva: «Quell’azione di squadra che adesso intendo trasferire in giunta. Come? Nella nostra opera per contrastare la disoccupazione, favorire il rientro dei cervelli e dei giovani emigrati, rilanciare iniziative per la cultura e l’istruzione, usare i fondi destinati agli alluvionati, dare risposte alle difficoltà nelle quali si trovano troppi sardi», ha aggiunto, chiarendo subito il programma dei primi cento giorni. Nessun effetto. Senza dimenticare che «vanno considerate lettera morta» le delibere prese negli ultimi giorni dalla giunta Cappellacci. A cominciare, ha rilevato il nuovo re di Sardegna, «dal Piano paesaggistico». «Un progetto di cartone»: così ha continuato a definirlo in serata mentre i fan gli riservavano l’ennesima standing ovation. Impegni. Per la restante parte del discorso, di fronte a una calca di giornalisti e operatori sbarcati da mezza Italia per il primo test con Renzi segretario-futuro premier, il Professore non ha tradito le attese. Sempre imperturbabile, perfino di fronte alle emozioni private. «Ho aspettato l’esito del voto a casa, poi ho fatto una passeggiata al Poetto», ha confidato. Toccato dall’exploit a Sassari? «Sicuramente, ma anche dai consensi ricevuti in tutte le altre parti dell’isola». Non ha fatto promesse. «La gente ci ha votato perché ha creduto alla serietà delle nostre proposte, adesso dobbiamo mettere in pratica le politiche che abbiamo annunciato per ridare fiato alle imprese, eliminare la mala burocrazia, far ripartire le leve economiche», ha incalzato. Unità. Rivelando così la sua quinta, ultima, e forse più azzeccata mossa sulla scacchiera elettorale: la ricomposizione tra le forze del centrosinistra che dovrà stare alla base della futura attività amministrativa. «La sfida sarà quella della società civile che si è riconosciuta nel nostro progetto», ha ribadito Pigliaru in tutte le interviste. Senza polemiche. Senza enfasi. Senza accuse. Evitando commenti «su quel che è successo in casa d’altri»: da Michela Murgia a Cappellacci sino ad arrivare a Mauro Pili. Guerra lampo. Insomma, per celebrare il vini-vidi-vici Pigliaru ha scelto come nel suo carattere toni soft. È un po’ come se avesse detto: «Mi avete fatto venire, ho visto il campo di battaglia e ho vinto». Ma per aggiungere, come sottinteso, un istante più tardi: «Ora però c’è la vera guerra, quella che ci deve vedere lottare insieme per dare un’alternativa reale a quest’isola». Speranze. Tant’è che il Professore tornato alla politica dopo l’esperienza nella giunta Soru come assessore alla Programmazione non ha esitato a delinare un passaggio cruciale: «Il nostro slogan è stato Cominciamo il domani. Da questo momento dobbiamo iniziare a eliminare i privilegi pensando al bene collettivo». «E come in vista del voto non abbiamo fatto calcoli e calcoletti elettorali – ha sostenuto – ora sta solo a noi del centrosinistra lasciare agli avversari i discorsi demagogici basati su ricette improbabili. E pensare immediatamente, come fosse il nostro primo tweet, al rilancio di tutta l’isola».