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Nella sera di Bonaria, c'è una folla giovane che invade la scalinata della basilica più cara ai sardi. I cagliaritani in auto si fermano curiosi ma non vedono, confuso tra mille facce, il nuovo presidente. Sono passate meno di due ore da quando Francesco Pigliaru ha ripiegato la proverbiale prudenza, e ha ammesso persino con se stesso la verità: ha vinto lui.
UGO E MATTEO AL TELEFONO I dati sono ancora provvisori, lo saranno fino a tarda sera, ma la gioia è definitiva. Ugo Cappellacci ha già fatto, alle quattro del pomeriggio, la telefonata con cui lo sconfitto riconosce cavallerescamente l'altrui vittoria. Ha chiamato anche Matteo Renzi, per uno dei suoi aforismi da stadio: «Grande Francesco! Grande vittoria!», dopodiché c'è da pensare al governo.
Il professore ha pure esaurito le interviste con testate giornalistiche dell'Italia intera: a parte Rakam e la Settimana enigmistica, tutti vogliono sentirsi ripetere le stesse cose che Pigliaru dice da un mese, e cioè che «lavoreremo subito per semplificare la burocrazia sulle imprese, alleggerire le tasse, dare pari opportunità a tutti. E come prima cosa faremo una Giunta basata su competenze serie».
LA FESTA Ma nella sua sede elettorale di via Bottego, il neo presidente ha bisogno di festeggiare. E non si festeggia bene con trenta giornalisti che continuano a chiederti del derby Renzi-Letta.
Guarda caso c'è a due passi quella scalinata che sembra fatta apposta per una foto di squadra. Da conservare per dire tra dieci anni: quella accanto al presidente sono io, com'eravamo giovani. E ce sono tanti di giovani, a Bonaria, a esultare per Francesco Pigliaru.
Molti fanno parte di quella pattuglia di volontari che si è sbattuta almeno quanto lui per farlo vincere. E che lui ha ringraziato venerdì sera, un minuto dopo la chiusura della campagna elettorale. «Fatevelo dire adesso, perché tra mezz'ora sarò troppo stanco: siete stati grandi». Qualcuno si era commosso già allora, figurarsi adesso che hanno vinto davvero.
Col suo golfino verde sotto un qualsiasi giubbotto blu, Pigliaru quasi scompare nella festa, sommerso da abbracci e foto. La stessa tenuta del giorno prima, al seggio. Dicono che non sia un mago della comunicazione, però il messaggio che lancia così è chiarissimo: sono quello di ieri, non dimenticherò le mie promesse.
REWIND Ma riavvolgiamo il nastro di questa giornata che il centrosinistra attendeva da cinque anni esatti. Da quel 16 febbraio 2009 in cui si era arreso Renato Soru. Anche allora si diceva che ci fossero «sondaggi buoni», e perciò a questo giro, quando arrivano le prime buone notizie dai seggi, lo staff di via Bottego è cauteloso assai.
«C'è una sezione di Cagliari - fa uno - dove perdiamo sempre alla grande, e siamo davanti». Si vabbè, ma vorrà dire? «Anche a Quartu». Si vabbè, ma vorrà dire? Poi però iniziano ad arrivare i voti di Sassari. E cambia il clima. Perché lassù il Prof sta doppiando Cappellacci. Si vabbè: «Ma non so niente dal Medio Campidano», riflette Franco Marras della segreteria Pd, coordinatore delle prudenze.
Poi anche Villacidro e dintorni regaleranno il consueto contributo al centrosinistra. Alle 10 e mezzo compare già qualche big: nella liturgia dei partiti equivale a un grande ottimismo. Chicco Porcu e Giulio Calvisi si contendono la palma del primo che afferma, anche se ancora off the record , «vinciamo noi». Intanto il candidato presidente sta alla larga, passeggia al Poetto, cerca di non pensarci. È un candidato un po' zen.
Compaiono Marco Espa, Francesco Agus, gli ex assessori soriani (dunque compagni di banco di Pigliaru) Sandro Broccia e Carlo Mannoni. Neppure le 11 e c'è già Silvio Lai: «A Olbia e Cagliari teniamo. Quando lo recupera, Cappellacci, lo svantaggio di Sassari?», si chiede il segretario Pd.
AVANTI VELOCE Sarebbe più emozionante descrivere un drammatico testa a testa, ma la verità è che all'ora di pranzo giungono anche dal quartier generale di Cappellacci i primi segnali di resa. Quando nei risultati ufficiali Pigliaru scatta avanti di sette punti, somiglia a una sentenza.
Quindi nel film della giornata si può andare avanti veloce, come da slogan pigliaresco, fino a quella telefonata di Cappellacci, il fischio finale. Parte l'attesa per l'arrivo del neoeletto, che spunta da viale Bonaria verso le cinque. Un'altra passeggiata che, visto l'assembramento che lo accompagna, giustamente ricorda a qualcuno il cammino di Sant'Efisio.
L'ANNUNCIO L'ex professore si presenta con un sorriso educato e un'esultanza timida, che a vederla diresti che ha vinto suo cugino, non lui. In mille lo stringono; tra gli abbracci più intensi, quello con Renato Soru. «È stata una vittoria straordinaria, ora faremo ciò che abbiamo detto fin dal primo giorno di campagna elettorale», sono le prime parole da governatore. «Vogliamo rivolgerci a chi ci ha votato, a chi ha votato altri, a chi non ha votato per niente».
Più che a Renzi, Pigliaru preferisce dare il merito del successo «alla proposta seria del centrosinistra. La gente ha capito che non erano i discorsi demagogici di altri. Sono orgoglioso di aver detto da subito che la zona franca, come la voleva Cappellacci, avrebbe messo a rischio la sanità».
Ma anche senza zona franca «abbasseremo le tasse. Istituiremo subito il tavolo permanente per la semplificazione». E poi il piano straordinario per l'istruzione e l'edilizia scolastica. Per la nuova Giunta, «certo che qualche nome ce l'ho in testa, ma lasciatemici pensare». Quanto al Ppr varato da Cappellacci nei minuti di recupero della legislatura, «ho detto che era un'approvazione di cartone, elettorale. Vedremo le carte per capire come procedere. Non verrà meno la tutela dell'ambiente, ma sappiamo che nel Ppr 2006 c'è qualcosa da semplificare».
Non sono novità, è ciò che il neo presidente ha detto tante volte. Chi si aspetta effetti speciali provi a ripassare più in là, perché Francesco Pigliaru è ancora quello del giorno prima. Quello che con un sorriso timido ha convinto i sardi.
Giuseppe Meloni