Tra i carrelli di un market
«Lascia perdere, le cose vanno male». Peter abbozza un sorriso e si scusa mentre la mancata cliente entra al supermercato. Nigeriano di 24 anni, resta nel parcheggio con la sua busta di accendini e fazzoletti. «In realtà anche a me non sono andate molto bene. Ora sono quello che voi chiamate immigrato regolare, ma resto disoccupato e mi devo accontentare di vendere queste piccole cose».
In Nigeria Peter ha dovuto cominciare a lavorare presto, come addetto alle pulizie in un ospedale, dopo la morte della madre. «Quando mio padre si è risposato mi sono trovato solo - racconta tra i carrelli di un market in viale Marconi - e alla fine sono dovuto andare via dalla mia terra». La Libia è così diventata la sua nuova casa e sulle sponde basse del Mediterraneo ha ripreso a lavorare in un altro ospedale. «Poi è scoppiata la guerra civile e sono stato costretto ad andare via anche da lì e cercare un posto dove poter vivere finalmente in pace». Prima lo sbarco a Lampedusa, poi varie tappe in giro per la Penisola prima di arrivare a Cagliari. Ora ha un permesso di soggiorno in tasca, ma vale solo in Italia e non gli consente di raggiungere il suo amico che ha trovato lavoro in Germania: «Per essere in regola nel resto d'Europa è necessaria la cittadinanza italiana».
I richiedenti asilo possono ottenere la protezione umanitaria, con un permesso di un anno, o quella internazionale di tre o cinque anni. Ma non è un percorso semplice, il confine tra rifugiati e clandestini è sempre molto sottile. Il primo giudizio spetta alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale che, spesso, boccia le pratiche. A quel punto subentra un avvocato d'ufficio che assiste l'extracomunitario in fuga nel ricorso al tribunale ordinario. Da quando il centro di accoglienza di Elmas è entrato a pieno regime, si è radicata la competenza del foro di Cagliari e adesso c'è un boom di ricorsi per cittadini scappati da Nigeria, Mali, Ghana ed Eritrea. Ma anche dopo la conquista dello status di rifugiato, la strada non è in discesa. «Sono fortunato perché ho ottenuto il documento e vivo in una stanza con altri amici - spiega Andy, venticinquenne nigeriano che sbarca il lunario come parcheggiatore di fronte al Palazzo di giustizia - qui ci sono brave persone ma poco lavoro. Sarei pronto ad andare ovunque per una vita serena».
John vive nel centro di accoglienza di Elmas: arriva dalla Nigeria e ha appena scoperto che la sua domanda per la protezione internazionale non è stata accolta. «Con le carte in regola io vorrei restare a vivere e lavorare qui - spiega tra le panchine di piazza Matteotti - ma la situazione è molto difficile perché una volta in regola ci ritroviamo soli. Sembra un traguardo invece è l'inizio di un'altra situazione drammatica. Non chiediamo di essere assistiti e protetti ma di non essere abbandonati». John indica l'accampamento sotto i portici di palazzo Bacaredda, dove c'è l'eritreo Michael. «Sono scappato per motivi politici e ora mi ritrovo a dormire per strada perché non ho nessun tipo di aiuto o sostegno - spiega - con la gente di Cagliari abbiamo pochi rapporti per via della lingua, ma c'è chi viene a darci aiuto e portarci qualcosa da mangiare. Ora son qui, col documento tanto atteso... ma ho solo quello e dormo per strada».
Marcello Zasso