- Eccellente prova sul palco del Massimo di Cagliari della compagnia Mauri-Sturno
G ià, e adesso?», chiedono alla fine al pubblico, dal palco del Massimo, i sei personaggi in cerca di verità. Adesso tocca a noi fare i conti con una storia che ci mette di fronte alle nostre responsabilità di uomini: un thriller (ma del resto cos'è la vita?) che vede protagonisti di un confronto a tratti violento e feroce, denso di umanità, un commissario di polizia e un famoso scrittore in crisi di creatività (e di memoria). In gioco c'è un crimine. Al primo il compito difficile di smascherare il colpevole, al secondo quello di difendersi. Ma niente è come sembra: nasconde ben altro il confronto tra il poliziotto e il fuggitivo che in una sera tempestosa arriva in una sperduta stazione di polizia. Ricordare è un po' come morire, canticchia Andrès, spaesato agente di questo avamposto di disperati. Ma il processo che qui si tiene non oppone giudici e giudicati, mette a nudo la miseria e la grandezza dell'uomo, il bisogno di dimenticare e la feroce necessità di prendere consapevolezza di sé.
Gran bella storia “Una pura formalità”. Raccontata vent'anni fa al cinema da Giuseppe Tornatore, ripresa a teatro da Glauco Mauri, che ora la propone per il circuito Cedac con la compagnia Mauri-Sturno. L'attore pesarese (tanto grande quanto modesto nel non voler primeggiare), aggiunge la sua umanità al commissario di Polanski, Sturno è perfetto nei panni del disperato Onoff (Dépardieu). I comprimari (su tutti Giuseppe Nitti) fanno il resto. Non possiamo rovinare il colpo di teatro finale ma solo dire che tutto finisce bene, se significa far pace con il nostro limite. Non si processa nessuno, ci sono solo uomini che aiutano altri uomini a uscire dalla smemoratezza. Ma è tutta in salita la strada che porta a questa scalcinata stazione di polizia dove gli orologi non hanno lancette. Occorre che piova - e piove per novanta minuti filati - prima di giungere alla quiete, all'ultimo dei quesiti di cui questo atto unico ricco di spunti intriganti sulla vita e sulla letteratura è disseminato: «Già, e adesso?». Del resto, la serata era cominciata con un altro quesito: sul palco, a sipario chiuso, 15 dipendenti di Sardegna1, a porre questioni vitali sul loro futuro e su quello dell'informazione. Salutati da un caloroso applauso, hanno poi lasciato il posto a una finzione più vera della realtà. Sì, ricordare è un po' come morire. È giungere a quel “punto improprio”, lontano nel tempo e nello spazio, dove due rette parallele si incontrano e tutto finalmente trova risposta.
Maria Paola Masala