L’attore al Massimo ha debuttato in “Una pura formalità” con Roberto Sturno La pièce è adattata dal film di Giuseppe Tornatore. Lunedì e martedì a Sassari
di Daniela Paba
CAGLIARI C'è un punto, così lontano nell'infinito, dove le rette parallele s'incontrano, un punto improprio... Un punto per ricordare. Una pura formalità, lo spettacolo diretto e interpretato da Glauco Mauri con Roberto Sturno – mercoledì in prima al teatro Massimo per il cartellone di prosa regionale allestito dal Cedac – racconta un dramma esistenziale come fosse un thriller. Il testo scenico è tratto dal film omonimo di Giuseppe Tornatore con Roman Polansky e Gérard Depardieu, scritto dallo stesso Tornatore e considerato dal regista il suo film più bello, sebbene misconosciuto. Ma in questo viaggio controcorrente dal cinema al teatro, “Una pura formalità” si dimostra una pièce perfetta per il palcoscenico. Perché il teatro è luogo di passaggio tra la realtà e il possibile, il tempo sospeso che rimette insieme le ferite della vita offesa e offre all'uomo una via d'uscita. La vicenda, sviluppata in una dimensione da realismo magico, si svolge interamente all'interno di un commissariato. In una notte buia e tempestosa - scrosci di piaggia, tuoni lugubri accompagnano in sottofondo l'intero dramma – un uomo in fuga è catturato da agenti mentre corre come un pazzo, urlando in un bosco. L'uomo, privo di documenti e di memoria, viene affidato a un grigio ma tenace commissario (il grande attore Glauco Mauri) che lo costringerà, man mano, a ricordare.
Onoff (interpretato da Roberto Sturno) è uno scrittore di fama, autore di gialli che il commissario conosce a memoria. In un crescendo di tensione il dialogo serrato tra i due attori svela, dietro il fermo, l'esistenza di un delitto. Ma è possibile uccidere e poi non ricordarsi di avere ucciso? Si domanda Onoff. Sarà il commissario che attraverso il procedere sistematico dell'interrogatorio, alternando sapientemente letteratura e ricostruzione della realtà, condurrà lo scrittore a ripercorrere la propria vita, fatta di successi e miserie, amori e solitudini, fino alla verità, con tanto di colpo di scena finale. Ma cos'ha, se non di più, di diverso la versione teatrale di “Una pura formalità”? Ha tutta la sapienza del grande attore e degli autori su cui la Compagnia Mauri/Sturno si è formata: c'è Beckett in quel grigio senza tempo, negli orologi senza lancette, nelle pause che amplificano le battute. C'è Dostoevskij e l'interrogatorio di Raskol'nikov, ci sono Buzzati e Kafka nell'attesa che diventa incubo. Solo a teatro una fuga prospettica delle quinte davanti a un muro di pioggia consente di immaginare un bosco che diviene, con un movimento minimo della scenografia, una stanza polverosa, lo spazio unico dell'azione. Solo a teatro tutti i colori virano al grigio per un gioco sapiente di luci e di tagli, e un dettaglio, una macchia di sangue, una coperta blu, assume il valore pittorico della tela dipinta. Solo a teatro l'empatia dei personaggi attraversa il palcoscenico, dagli attori arriva al pubblico, senza bisogno di ricorrere all'immedesimazione. Basta l'apparente realismo di Una pura formalità per attraversare spazio e tempo, e convincersi, guardando la vita da lontano, che esiste un luogo, tra la vita e la morte, dove ogni ricordo affiora prima di perdersi nell'infinito. Si replica oggi e domani alle 20,30 e domenica alle 19. Lunedì e martedì al Comunale di Sassari alle 21.