Il popolare Tg Zero trasmesso lunedì dalla Mediateca del Mediteraneo Le elezioni, la speranza, news, battute e l’esperienza di un grande giornalista
di Sabrina Zedda
CAGLIARI La prima cosa che ha voluto condividere con gli ascoltatori del Tg Zero, a collegamento appena cominciato, è stato l’entusiasmo per il menu consumato poche ore prima: «Abbiamo mangiato una cosa straordinaria che sembra quasi una parolaccia: la fregola». Più di mille parole, per descrivere l’anima di un posto, le dice la sua cucina, e da giornalista consumato e uomo di mondo quale è, Vittorio Zucconi lo sa bene. E’ così che lunedì sera ha presentato la Sardegna al pubblico di Radio Capital, per una nuova puntata, ora on the road, della trasmissione che ogni giorno, tra giornalismo, ironia e verve dissacratoria passa al setaccio le ultime notizie. Accompagnato dall’inseparabile Edoardo Buffoni, sempre pronto a tenergli testa e a offrire la complicità per le sue battute al vetriolo, Zucconi, una delle penne più acute del giornalismo italiano (ora per La Repubblica è editorialista da New York, dove vive), nella Mediateca del Mediterraneo s’è trovato davanti a una platea che già diversi minuti prima del via alla diretta aveva riempito anche il più piccolo angolo.
Le regionali imminenti, i danni provocati dall’alluvione del 18 novembre, passando per Renzi e con un ricordo (off line) degli anni di piombo: sono solo alcuni dei punti su cui s’è focalizzato l’incontro tra Zucconi e il pubblico isolano. «Ho saputo che tra pochi giorni andrete a rivotare Cappellacci», la butta lì, un provocatorio Zucconi, giusto per scaldare la platea prima che il Tg Zero abbia inizio. Via dunque a un rapido ripasso delle notizie del giorno: «C’è la guerriglia in Parlamento. Gli attacchi alla Boldrini…», ricorda Edoardo Buffoni. Scene già viste e vissute, per il direttore di Radio Capital: «Ero a Roma quando rapirono Moro. C’ero anche quando lo ritrovarono». Il pensiero vola anche a quel maledetto giorno in cui le Brigate Rosse gli portarono via uno dei suoi migliori amici ed ex compagno di scuola: Walter Tobagi, finissimo giornalista che pagò con la vita la follia di quegli anni. «Quando sento aumentare così la violenza delle parole- è l’amara analisi di Zucconi- il problema è poi sapere dove finiscono le parole e iniziano le azioni». Seppure è vero che, ricorda il giornalista, «anche noi nel ’68 gridavamo “fascisti borghesi, ancora pochi mesi”», il punto è capire a che livello è oggi la rabbia: «E la rabbia non è una questione di reddito. Non è che se guadagni bene non sei arrabbiato. C’è anche una rabbia etica». Durante la diretta libero sfogo ai pensieri del pubblico. Che cosa chiedete a chi andrà a governare?, è la domanda. «Lavoro, istruzione, trasporti», risponde una signora. «Rivogliamo la nostra terra, basta cementificare», urla qualcun altro. «Non sappiamo chi votare perché non sappiamo in che direzione dobbiamo andare», è l’amara constatazione di un altro. Zucconi fa il suo ragionamento: piuttosto che affidarsi a chi promette grandi progetti, meglio concentrarsi sulla piccola progettualità, in modo che giorno dopo giorno si possa misurare l’attendibilità di chi è stato eletto. E a chi è scontento di chi crede non ha saputo governare, Vittorio Zucconi ricorda un vecchio adagio americano: «Sposarsi una seconda volta vuol dire mettere la speranza avanti all’esperienza».