Tuvixeddu e le regole ballerine
S arà complicato siglare davvero la fine di questa storia. Ma forse, trattandosi della necropoli fenicio-punica più importante del Mediterraneo, i tempi hanno una scansione diversa da quelli delle persone normali. Sarà impossibile - oggi e forse per sempre - dire quali torti ci siano nella gestione della vicenda e da quale parte stanno, in toto o nella massima parte: ci sono sentenze che avallano tutte le posizioni degli attori che si sono misurati sul palcoscenico di Tuvixeddu. Esistono dei passaggi certi e incontrovertibili, alcuni nodali e altri di schermaglie: un accordo di programma del 2000 che dà il via libera all'investimento di Coimpresa sul colle bianco, un vincolo imposto dal Piano paesaggistico del 2006 (Giunta di centrosinistra guidata da Renato Soru) che blocca il piano. Esistono sentenze della giustizia amministrativa che hanno giudicato legittimi i vincoli così come esiste un lodo arbitrale che condanna la Regione a pagare 77 milioni di euro e spiccioli per il danno patito dall'impresa. A margine, ma mica tanto, esistono altri rivoli che riguardano vicende (penali e politiche) contigue. L'ultima puntata è la decisione della Corte d'appello che ha respinto la sospensiva chiesta dalla Regione proprio sul pagamento; del merito si discuterà invece nel 2016, giusto per fare una cosetta in tempi ragionevoli. In soldoni, bisognerà cacciar fuori subito i quattrini per risarcire il danno dell'investimento bloccato, danno emergente e lucro cessante, fatti salvi nuovi e imprevedibili colpi di scena.
Il gioco delle colpe, chi-ha-fatto-male-cosa, in tempi di campagna elettorale serrata diventa una specie di palla avvelenata. Di sicuro però nessuno può dire di aver portato il punto a casa: oggi hanno tutti le ossa rotte, pubblico e privato, controllore e controllato. Esce in stato comatoso la certezza del diritto, quella su cui legittimamente un imprenditore avvia un'intrapresa, quale che sia. Vengono fuori peste le regole su cui è legittimo e doveroso fare previsioni e investimenti. Si confermano tutti i luoghi comuni più beceri sulle istituzioni, nel senso più alto e potenzialmente nobile: questa volta nessuna fa una gran bella figura, specie nella variante rissaiola. Per inciso, Tuvixeddu resta chiusa e infrequentabile e il preminente interesse pubblico ancora sospeso. Cioè, perdiamo noi.