Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

«Abbiamo buttato via un sacco di denaro»

Fonte: L'Unione Sarda
31 gennaio 2014

 

Gli imprenditori dopo la decisione del Consiglio di Stato

 


«Felici siamo felici, ma anche amareggiati e molto, molto arrabbiati. Questa è purtroppo un'esemplare storia tutta italiana basata sull'ottusità della pubblica amministrazione, una storia che non abbiamo capito il primo giorno e continuiamo a non capire. La sentenza dell'altro ieri, che va al cuore del problema, conferma le tesi che noi avevamo espresso nelle nostre memorie difensive consegnate prima che partisse qualunque procedimento giuridico, dove dicevamo esattamente le stesse cose che dicono i giudici quattro anni dopo».
L'AD DI GRENDI Non usa giri di parole Antonio Musso, amministratore delegato del Gruppo Grendi, per commentare l'esito della vicenda dei terreni del Cacip, espropriati dall'Agenzia del Demanio nel 2010 e adesso restituiti al Consorzio dal Consiglio di Stato. La sua azienda, specializzata nel trasporto marittimo delle merci dal Nord Italia alla Sardegna, è una delle quattro che quando ci fu l'intervento del Demanio aveva già acquistato il terreno dal Cacip. «Quando è partita questa nefasta iniziativa da parte dell'Agenzia del Demanio avevamo già investito 5 milioni di euro e stavamo realizzando i capannoni. La banca naturalmente ha bloccato il finanziamento, per cui gli altri cinque milioni li abbiamo messi di tasca. Abbiamo preferito trovare una soluzione transitoria per non buttare via i soldi, siamo andati con calma davanti al giudice e nel frattempo abbiamo pagato per quattro anni un canone di 80 mila euro all'Autorità portuale per l'uso del terreno che avevamo già acquistato e, come adesso certificato dai giudici, era nostro sin dal primo momento».
QUATTRO ANNI PERSI Una storia assurda, che sintetizza perfettamente le ragioni per cui in Italia sia così complicato attrarre investitori dall'estero. Chi mai si prenderebbe rischi del genere? «La cosa paradossale - prosegue Musso - è che quanto stabilito dai giudici, e cioè che quei terreni non hanno natura demaniale, noi l'abbiamo detto sin dal giorno uno. Adesso ci hanno dato ragione, ma in questi quattro anni abbiamo buttato via un sacco di soldi, di tempo e di energie. Ora qualcuno questi soldi ce li darà indietro, purtroppo nei tempi della giustizia italiana. La mia azienda aveva un progetto di sviluppo importante, ci è arrivata quattro anni dopo con un mondo che non è più lo stesso».
LA DITTA CINCOTTA Anche il cagliaritano Gianmarco Cincotta, dell'omonima ditta familiare da tre generazioni attiva nel porto di Cagliari con diverse società, ha dovuto fare i conti con lo stop imposto dal Demanio quando ormai aveva acquistato il terreno: «Il nostro gruppo di società per cui lavorano circa 22 persone - dice - ha negli ultimi tempi dovuto affrontare grosse difficoltà, sia di carattere economico che burocratico». Per comprare il terreno da 7.000 metri quadri la società aveva dato fondo a quasi tutte le risorse. «Per questo quando nel 2010 è nata la questione non nascondo che in qualche momento di pessimismo abbiamo concretamente pensato di non cavarcela». Poi per fortuna è arrivata la vittoria davanti al Consiglio di Stato: «Dopo anni di battaglie legali, dove non sempre siamo stati assistiti da professionisti indipendenti, che vedevano addirittura la nostra azienda contrapposta alle Autorità del porto con cui lavoravamo quotidianamente, abbiamo potuto vedere la positiva conclusione della questione. Adesso, nonostante tutti i danni morali ed economici, nonché i ritardi che abbiamo sofferto insieme ai soldi che abbiamo speso inutilmente, sembrerebbe possiamo rivolgerci al futuro con la serenità necessaria per spingere la nostra azienda e conseguentemente il porto di Cagliari verso lo sviluppo necessario a trainare la Sardegna fuori da questa crisi che sembra non finire mai». La diffidenza però resta, visto che Cincotta propri ieri ha fatto un'amara scoperta: «Abbiamo fatto una visura catastale del nostro terreno e, nonostante il Tar avesse comunque affermato che le delimitazioni del demanio marittimo non fossero atti in grado di fare venire meno il diritto di proprietà del privato, i terreni di fatto sono già stati volturati e intestati al Demanio».
L'APPELLO Antonio Musso chiude con un appello. «In questi anni il Cacip è stato dipinto come un covo di furfanti e io resto sempre stupito di fronte a queste cose. Se le amministrazioni pubbliche invece di litigare tra loro si occupassero della infrastrutturazione di quelle aree lo sviluppo sarebbe più facile. Noi abbiamo concluso l'investimento un anno fa e siamo ancora senza energia elettrica, costretti a usare i generatori nonostante la domanda di allaccio risalga al maggio 2012. E la sa l'ultima? Non ci sono neanche la fibra ottica o la banda larga, per comunicare ci stiamo inventando ponti aerei a cifre iperboliche». Così va l'Italia nel 2014.
M. Le.

«Contro di noi troppo fango»

Lo sfogo del direttore del consorzio Oscar Serci

 

Sulla vicenda dei terreni fronte porto espropriati nel 2010 dall'Agenzia del Demanio e ora restituiti dal Consiglio di Stato al Cacip, il direttore generale del consorzio Oscar Serci ha molti sassolini da togliersi. «Nel porto industriale di Cagliari - dice - vi sono state 4 delimitazioni demaniali, nelle prime tre il Cacip ha sempre condiviso i confini ritenendoli legittimi perché rispettosi delle norme vigenti. Sulla quarta ci siamo opposti, ritenendola pretestuosa e non rispettosa delle norme».
Poi l'affondo: «Da quel momento - prosegue - si è attivata artatamente una vergognosa macchina del fango da parte di settori ben individuabili contro il Cacip e la sua dirigenza. Creando discredito e nocumento e addirittura insinuando eventuali fattispecie di reato. Basti pensare che la frase più simpatica che veniva detta agli imprenditori e investitori che volevano acquistare i nostri lotti era "attenti al Cacip, vende la fontana di Trevi, non terreni di sua proprietà, non fatevi imbrogliare". La sentenza del Consiglio di Stato può dare soddisfazione perché conferma come il Cacip abbia sempre operato e agito nel rispetto della legge e delle norme. Ma lascia tanta amarezza e tanta tristezza per quello che è accaduto e per il grave nocumento che ha creato sia sotto l'aspetto dello sviluppo imprenditoriale del territorio sia sotto l'aspetto umano». (m. le.)