Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Nozze in sardo, ecco la formula

Fonte: L'Unione Sarda
13 gennaio 2014

 

«In nòmini de sa lei si decraru unius apari cun sa coja» - I dettagli della novità introdotta recentemente da una delibera della Giunta

 

D'ora in poi in Comune ci si potrà sposare pronunciando il sì, e tutta la formula che lo precede, in sardo. Ci sarà bisogno di una richiesta preventiva.


E duncas in nòmini de sa lei si decraru unius apari cun sa coja.  I consiglieri comunali e il sindaco dovranno imparare in fretta questa formula, perché il primo matrimonio celebrato interamente in sardo potrebbe arrivare prestissimo. A tradurre le frasi-cardine delle nozze dall'italiano è stato Ivo Murgia, uno dei responsabili dello “Sportello linguistico della provincia”. «Fustei duncas bolit a mulleri a…» , dirà il rappresentante del Comune. E lo sposo risponderà «eja».  Lo prevede una delibera di Giunta approvata - una delle ultime proposte dall'ex vicesindaco Paola Piras prima del rimpasto - a fine dicembre, per valorizzare l'uso della lingua sarda.
Non ci saranno le launeddas e le fisarmoniche, come prevede la tradizione nuziale campidanese, ma d'ora in poi in Comune ci si potrà sposare pronunciando il fatidico sì, e tutta la formula che lo precede, in sardo. Ci sarà solo bisogno di una «richiesta preventiva» da parte degli sposi. La rottura dei piatti (immancabile nelle cerimonie di quasi tutta l'Isola) e il lancio del riso invece no, saranno vietati: lo prevede il Regolamento per i matrimoni approvato nel 2012 dal Consiglio comunale. Il documento della Giunta è linea con altre scelte fatte dall'amministrazione per valorizzare l'uso della lingua sarda. Da tempo infatti in Consiglio comunale si possono proporre interrogazioni, mozioni o interventi in sardo. E qualche mese fa l'aula approvò un ordine del giorno che si riprometteva di rivoluzionare il sistema dei concorsi per le assunzioni in Municipio: saranno attribuiti punti aggiuntivi a chi dimostra di conoscere e saper utilizzare la limba.
Nel 1997 il Consiglio regionale della Sardegna approvò una legge sulla «promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna». L'obiettivo era «assumere come bene fondamentale da valorizzare la lingua sarda; riconoscerne la pari dignità rispetto alla lingua italiana».
«In diciassette anni sono stati compiuti molti sforzi perché la lingua sarda potesse essere considerata la lingua della Sardegna al pari di quella italiana», dice Enrico Lobina, consigliere comunale della Federazione della Sinistra. «Purtroppo, a parte rare e sporadiche manifestazioni, c'è ancora una situazione che nel lungo periodo potrebbe portare al progressivo abbandono del sardo». Secondo Lobina, oltre al matrimonio in sardo, ci sono anche altri strumenti per evitare che il sardo muoia lentamente: «Cagliari non ha un ufficio della lingua sarda. Ed esistono ancora pregiudizi e stereotipi legati all'uso della limba. Cliché negativi che non solo impediscono la diffusione del sardo come lingua d'uso comune, ma che si convertono in vere e proprie prassi, che mettono a rischio la sopravvivenza del sardo».
Michele Ruffi