Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Sconti in anticipo, è già metà prezzo

Fonte: L'Unione Sarda
30 dicembre 2013

 

I commercianti: «I saldi? Non hanno più senso da molto tempo» - Passato il Natale, i negozianti hanno abbassato ulteriormente i prezzi. Ormai non si nascondono più

 

Molti esercenti per non esporre cartelli con la scritta “saldi” si sono sbizzarriti con inequivocabili slogan. O con i sempre più diffusi sms ai clienti.


Tutti pazzi per i bollini, specialmente quelli rossi della Rinascente e quelli dorati di Scelte d'Autore in via Manno: per entrambi c'è subito il 50 percento di sconto sulla merce. E allora da venerdì scorso via all'assalto di giacche, pullover, borse, profumi e persino corredo per la casa. Tutto al ribasso, dal 20 percento fino a metà prezzo: così un po' in tutti i negozi del centro, poco importa se di piccole o grandi marche, se in catene internazionali o singole attività commerciali.
Vietato chiamarli saldi però, ché quelli iniziano il 4 gennaio: «Sono piuttosto delle coccole che rivolgiamo ai nostri clienti più affezionati», si affrettano a informare le commesse al primo piano della Rinascente, ma i conti non tornano: «Se volete usufruire degli sconti potete fare la card anche adesso - precisano infatti - oppure aspettare al 4, le percentuali saranno identiche».
FAR WEST COMMERCIALE Solo pochi negozi, come Mango e Max&co., inorridiscono all'idea dei pre-saldi («le regole vanno rispettate»), ma sono l'eccezione. Il resto è una sorta di far west commerciale in cui gli esercenti si sono sbizzarriti con inequivocabili slogan sulle vetrine o tra gli scaffali di ciò che un tempo si sussurrava all'orecchio: “Trenta (30) buone occasioni”, “- 20%”, o addirittura i prezzi pieni barrati e, in rosso, i nuovi scontati. La parola saldi, a onor del vero, non compare mai.
Riccardo Angelucci gestisce il negozio Diesel di via Manno: il cartellino 50 percento, posto sopra i maglioni sistemati esattamente di fronte alla porta d'ingresso, è un allettante invito ad entrare: «Abbiamo provveduto a informare i nostri clienti attraverso sms e e-mail», racconta, «così sanno di poter ricevere uno sconto prima degli altri».
«SIAMO IN REGOLA» Che sia concorrenza sleale, oltre che contravvenzione alla legge che disciplina i saldi? «Niente affatto» sentenzia il commerciante, «perché di fatto non abbiamo pubblicizzato nulla, almeno pubblicamente». Invece alla boutique “Marcello”, nel largo Carlo Felice, la consapevolezza di trasgredire le regole c'è, «ma è impossibile riuscire a non farlo quando tutti intorno applicano gli sconti», ammette Davide Marcello, titolare del negozio e presidente Fismo (Federazione italiana settore moda) Confesercenti provinciale. Alle clienti potenzialmente interessate all'acquisto, comunica un taglio del 20 o 30 percento al prezzo indicato sull'etichetta. E punta il dito contro le istituzioni incapaci, a suo dire, di imporsi sulla questione: «Non penso al Comune, che se anche vigilasse di più si scontrerebbe con l'inadempienza dei vicini centri commerciali, quanto alla Regione, perché una linea precisa non l'ha dettata. Tanto vale abolire i saldi». Così i negozianti potrebbero applicare gli sconti a proprio piacimento. O continuare a farlo.
Michela Seu

 

 

«A chi sgarra
sia chiuso
il negozio»

Ribassi & regole

 

«Quando mai uno chiede lo sconto dal macellaio? O quando acquista un televisore? Nell'abbigliamento rischi di perdere i clienti, invece, se non lo fai». Maria Luisa Carta ne ha visto tante da quando, nel '94, aprì il negozio di abbigliamento Carpe Diem in piazza Yenne. Si parlava già di crisi economica, «ma non c'era ancora l'euro, c'erano pochi centri commerciali e i cinesi non avevano ancora invaso la nostra economia». Allora sì che poteva permettersi di avere sette dipendenti e condurre una vita agiata: ora al massimo le dà una mano suo marito con le vendite, e a fine mese serve un matematico per far quadrare i conti. «Colpa del fatto che in questo settore non c'è una vera e propria disciplina», spiega Carta. Impossibile, per l'imprenditrice, applicare sconti in questo periodo: «Il 20 percento che concederei al cliente è l'unico mio margine di guadagno, tolti il costo all'ingrosso, le tasse e l'affitto del locale, e sono sicura che sia così per la maggior parte dei negozianti».
Meglio sarebbe, per lei, ripristinare le date dei saldi in uso sino alla fine degli anni '70: dal primo al 15 marzo e dal primo al 15 settembre, «quando ancora aveva senso chiamarli “di fine stagione”». Per il resto, prezzo pieno, come accade in qualsiasi altro settore commerciale. Così l'acquirente comprerebbe subito il capo di abbigliamento, oppure correrebbe il serio rischio, col metà prezzo, di non trovarlo più. Per i trasgressori della legge, poi, è necessario applicare pene più severe: «Bene la sanzione pecuniaria ma non basta», prosegue, «considerato che per le grandi catene si tratterebbe di spiccioli. Ci vorrebbe la chiusura del negozio, se recidivi». Un cambio di mentalità che potrebbe, secondo Carta, risollevare le sorti del settore più in crisi di questo periodo, «e insieme alle sorti, magari, un po' di serrande che strette nella morsa del fisco si sono dovute abbassare». (mi.se.)

 

Scura:
«La legge
ha 34 anni,
va rivista»

ascom

 

Legge 80 del 1980: non è possibile effettuare vendite promozionali nei 40 giorni precedenti all'inizio dei saldi, ma vale per il solo settore dell'abbigliamento, «in quanto la merce varia di stagione in stagione sia per il clima che per la moda», spiega Giuseppe Scura, direttore della Confcommercio di Cagliari, che fa un po' il punto della situazione.
Decreto Bersani, 1998, via alle liberalizzazioni per il commercio dei beni, con unica distinzione fra alimentare e non alimentare: «Ecco che la legge 80/1980 diventa applicabile a tutta la merce escluso unicamente il cibo». La norma impone dunque che neppure a un bullone, per dire, si possa applicare lo sconto 40 giorni prima dei saldi, o al corredo o ai prodotti tecnologici. Eppure contemporaneamente spuntano come funghi i centri commerciali, con tanto di volantini che gridano promozioni su tutti i comparti, e così anche i commercianti di abbigliamento, prima ligi al dovere, ora proclamano sconti su tutta la loro merce. «Occorre assolutamente rivedere la legge alla luce di tutti i cambiamenti che in ormai 34 anni sono avvenuti al settore del commercio», commenta Scura. Internet su tutti: «Il bravo negoziante di Cagliari può anche rispettare fedelmente la legge, ma se l'acquirente riesce a trovare il suo stesso prodotto super-scontato sui siti web, saldi o non saldi, allora si è di nuovo punto e a capo». La legge aveva dunque senso fino al '98, non oggi: «Vietare i pre-saldi a tutto ciò che non è alimentare, ossia a un'ampissima gamma di prodotti», sintetizza il direttore Confcommercio, «è un po' come non mettere limiti». (mi.se.)