Claudio Baglioni, quando la musica fa sognare - Grande successo per il cantautore in scena al Lirico di Cagliari
È in gran forma, Claudio Baglioni: asciutto, classe innata e tanta voglia di cantare. Il concerto che ha regalato, sabato e domenica, al Teatro Lirico di Cagliari, dedicato a sua madre, è quello di un artista che ha raggiunto la piena consapevolezza delle sue capacità, e che dopo quarant'anni di carriera sale ancora sul palco (questa volta da solo) per fare musica con assoluta spontaneità ed entusiasmo.
Baglioni è un monumento nazionale del pop tricolore, e lo sa bene. Ecco perché una volta in scena, non risparmia energie, note e parole, che scorrono per tre ore trascinando un pubblico adorante, in larga parte femminile, che per tutto lo show non smette di cantare insieme al proprio idolo. Dall'iniziale “Solo” alla conclusiva “ConVoi”, è un continuo susseguirsi e rincorrersi di cori e voci.
La serata, però, offre anche altro. Una piccola parentesi con il figlio Giovanni, chitarrista di solida tecnica. E un viaggio nei ricordi, che il cantautore capitolino mette in fila uno a uno. Il soprannome “Agonia”, affibbiatogli da ragazzo alla Garbatella; la mossettina rock'n'roll fatta con la gamba, provata tutto il giorno davanti allo specchio di casa; le canzoni intorno al fuoco mentre gli altri rimorchiano e lui no; l'enorme successo raccolto nei paesi dell'Est quando in Italia non lo conosce ancora nessuno; il consiglio di un produttore che lo invita a cambiare repertorio perché «è una lagna continua»; la mamma che dice una bugia alla Polizia per non fare ritirare la patente al figlio, la cui Porshe era stata fotografata mentre di notte sfrecciava sull'Aurelia a 190: «Disse che guidava lei».
Confessa di aver avere iniziato a cantare non perché attraversato dal «sacro fuoco dell'arte», ma perché «passavo inosservato e non avevo nessuna attrattiva, al punto che mi confondevo con la tappezzeria dei posti dove ero, con il paesaggio dei luoghi dove mi trovavo». E poi, il tempo che passa e i tanti segnali indicativi: «Ce n'è uno che lo è più di tutti, e ormai riguarda anche me. Ogni giorno, verso le 17.30, inizio a pensare alla cena. Anche se non bisogna mai dimenticare che sì, la vecchiaia è una brutta cosa, ma l'alternativa è peggio». Utilizzando pianoforte, tastiere e chitarra, si muove tra passato e presente, pescando a piene mani da un songbook sconfinato e a prova di gap generazionale: “Avrai”, “Porta Portese”, “Questo piccolo grande amore”, “Poster”, “E tu”, “Tu come stai”, “Mille giorni di te e di me”. Tra un brano e l'altro, a volte non mancano battute maliziose: «Questa è una chitarra baritono e viene accordata con un intervallo di quarta. Devo dire che avere una quarta sotto, è sempre una soddisfazione». Come la sua musica.
Carlo Argiolas