Rassegna Stampa

L'Unione Sarda

Il cuore granata ha 60 anni

Fonte: L'Unione Sarda
18 dicembre 2008

Dicembre 1948, Mario Siddi fonda l'Esperia

Aveva vinto la squadra A segnando diciannove punti alla squadra B che invece ne aveva realizzati soltanto dieci. Il primo tempo si era chiuso sul parziale di 8-7. Altri tempi, il basketball era ancora palla al cesto. I tabellini. Nella squadra A erano andati a punti soltanto in tre (Boi 8, Binaghi 7 e Soldati 4), gli altri (P.Pirastu, Carta, Massidda, Napoleone e Pani) erano rimasti a secco. Nella squadra B quattro punti per Meloni e Mastino, due per Usai e Anni, nessuno per Gentilini, Dessy, Pisano, Pinna e Congiu. Era il giorno dell'Epifania del 1949 e quell'incontro di pallacanestro era stato il primo atto agonistico ufficiale di una neonata società cagliaritana. Che si sarebbe dovuta chiamare Augusta - come il modello della Lancia del suo fondatore - e che invece si chiamò con un nome che ancora oggi - sessant'anni dopo - è simbolo di sport, quello vero: Esperia. Mario Siddi l'aveva fondata alla vigilia del Natale del 1948 e l'avrebbe presieduta fino alla sua prematura morte avvenuta nel 1980. Più che una presidenza, un pontificato. Non era la prima volta che il “professore” - come veniva chiamato con una mai abbastanza celata sudditanza - aveva messo al mondo una creatura: Siddi aveva contribuito a fondare, esattamente quattro anni prima, il 22 dicembre del 1944 nei locali dei Salesiani in viale Fra Ignazio, l'Aquila: mai risolti dissapori con un altro dei fondatori, Mario Mura, portarono a quello che oggi, soprattutto in politica, viene definito strappo. Nacque la prima rivalità sportiva, Cagliari capì quel giorno che cosa era un derby, che non durava solo quaranta minuti, ma tutta la settimana, tutto l'anno. Cagliari, in quei giorni di fine anni Quaranta, aveva soprattutto iniziato a capire che la guerra era finalmente finita e che lo sport avrebbe aiutato quella giovane generazione (Mura aveva appena ventidue anni, Siddi solo qualcuno in più) a dimenticarla. Nessuno ha dimenticato tutto quel che la società granata (gli stessi colori del Grande Torino che il destino avrebbe spazzato via a Superga pochi mesi dopo) ha fatto in sessant'anni. Dalla pallacanestro all'atletica leggera, dal nuoto alla pallanuoto. Ma non solo: l'Esperia, così come la stessa Aquila, ma anche la Ferrini e il Cus nati più o meno in quell'epoca, aveva costruito la base sulla quale lo sport cagliaritano ancora sopravvive. Anche di ricordi, spesso - perché i tempi sono duri - solo di ricordi. Alle vittorie, tante, tantissime, ma spesso effimere, vanno aggiunti gli impianti di Monte Mixi, costruiti durante la presidenza di Mario Siddi, che fino alla morte era stato anche presidente del comitato regionale della Federcalcio (non c'era conflitto di interessi, all'Esperia il calcio non s'è mai giocato): il campo di pallacanestro coperto, quelli all'aperto, la piscina da 25 metri, il pistino di atletica e soprattutto la sede sociale, punto di riferimento di una intera generazione che, soprattutto negli anni Ottanta, si nutriva dell'orgoglio di essere granata. I nemici, inevitabilmente tanti, li avevano ribattezzati “piombi” ma tutta la città si era schierata al fianco dell'Esperia quando la squadra di basketball della società era uscita da Monte Mixi e aveva conquistato la leadership in Sardegna, arrivando prima in serie B1 e sfiorando ripetutamente la promozione in A2, traguardo quest'ultimo maledetto. Non solo per l'Esperia. Dai 300 di via Pessagno ai 5.000 di via Rockefeller: l'Esperia aveva contribuito a far dimenticare il Brill. E questa operazione era sembrata quasi una nemesi, una vendetta della storia perché il Brill altro non era che l'Olimpia (poi Unione Sportiva Cagliari) che era nata anch'essa da una sorta di scissione dall'Esperia. I fratelli Pirastu e Bebi Mosca, nel 1953, crearono una squadra che aveva il doppio delle ambizioni dell'Esperia e il doppio del doppio di quelle dell'Aquila, iniziando una lunga volata che portò nel 1968 Cagliari per la prima volta in serie A1 e, altri otto anni dopo, al quinto posto della regular season e dunque a lottare per lo scudetto. Ma negli anni in cui l'Esperia aveva cancellato almeno le amarezze che il Brill aveva creato, la nota straordinaria era stata quella di aver dato un grande prova di continuità perché proprio all'indomani della scomparsa del suo padre-padrone aveva saputo trovare coraggio e risorse per diventare un club invidiato in tutta Italia. Lo era stato anche nell'atletica quando Raffaele Piras era stato il miglior saltatore in lungo d'Italia tra il 1961 e il 1963, primo atleta di una lunga dinastia di fuoriclasse: Amedeo Avanzato, Gianni Lai, Centino Fagioli, Angelo Cerchi, Silvano Balloi, quest'ultimo memoria storica di una società (oggi presieduta da Marco Branca) che ha lasciato il segno sul tessuto non soltanto sportivo della città. Poche altre società hanno saputo trasmettere il senso di appartenenza, l'orgoglio di indossare quella canottiera. Sessant'anni dopo (magari con qualche piccolo acciacco dovuto all'età) l'Esperia è ancora lì. Con quella gigantografia del “professore” (di Educazione fisica) che sembra controllare che tutto funzioni all'interno degli impianti di via Pessagno. Che qualcuno dovrebbe prima o poi decidersi di chiamare con il suo nome vero: via Mario Siddi, oppure via Esperia, che è la stessa cosa. Da sessant'anni.
NANDO MURA

18/12/2008