Con “Progetto Sandalyon” laboratori, balli e gastronomia dalla Sardegna
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Quanto conoscono i giovani sardi della propria isola? E quanto i loro coetanei figli o nipoti di emigrati? Entrambi allo stesso modo, sebbene per motivi differenti: i primi perché la vivono, i secondi per necessità di mantenere un legame con le proprie origini. Lo ha dimostrato il Progetto Sandalyon, prima edizione di un'iniziativa culturale organizzata dal circolo Giovani Universitari Aclisti. Per quattro giorni, da giovedì a domenica scorsi, una ventina di giovani tra i 18 e i 30 anni si sono ritrovati a vivere insieme un'avventura tutta made in Sardinia, fra laboratori di storia e geografia, balli folk, lezioni in limba e gastronomia, organizzati un po' all'hotel Panorama e un po' alla sede Acli di Is Mirrionis. Fra i corsisti c'era Magalì Misses Serra, 27 anni, la rappresentante dei giovani sardi in Argentina (i suoi nonni lasciarono Tresnuraghes subito dopo la guerra alla volta di San Isidro, Buenos Aires): per lei Sardegna è soprattutto musica e teatro che promuove attraverso numerose iniziative al circolo Raices Sardas, uno dei sette nella sola Buenos Aires. Promossa in “sardità” anche Marilena Lionetti, 28 anni, milanese d'adozione ma originaria di Gesico da parte di madre: il suo appuntamento fisso con l'isola è il primo maggio, quando sfila a Cagliari con l'abito del paese. «Ciò che adoro nelle persone è il “sardocentrismo”, un attaccamento alle tradizioni che non ho mai visto in altri italiani. Tuttavia mi dispiace che, a volte, emerga solo non appena emigrano». Sarda d'adozione è Anastasia Yemelina, ventiseienne ucraina, trapiantata a Sinnai un anno e mezzo fa per amore di sua madre: «Promuoverei di più l'isola attraverso il cinema: qualcosa si muove, ma credo si possa fare molto di più».
Michela Seu