Rassegna Stampa

La Nuova Sardegna

Lorin Maazel riconquista Cagliari

Fonte: La Nuova Sardegna
7 maggio 2008

Il geniale direttore d’orchestra americano propone Beethoven e Ciajkovskij in uno stile sgargiante

Lorin Maazel riconquista Cagliari

Magistrale esibizione insieme alla Filarmonica della Scala



Il Festival di S. Efisio ha ospitato al Comunale un evento eccezionale Bis per il verdiano «La forza del destino»

GABRIELE BALLOI
________________________________________
CAGLIARI. Due sinfonie: la Settima di Beethoven e la Quarta di Ciajkovskij. Era il programma dell’appuntamento forse più atteso nell’VIII Festival di Sant’Efisio, rassegna che il Lirico ad ogni anno rende più invitante. Lunedì, erano infatti protagonisti sul palco del Comunale uno dei più celebri direttori al mondo, Lorin Maazel, insieme all’altrettanto nota Filarmonica della Scala, che a livello internazionale rimane da sempre la più importante orchestra italiana. Un programma monumentale e di indubbio richiamo, che ha visto Maazel alle prese con due colossi, quali Beethoven e Ciajkovskij. Due autori pressoché lontani per temperamento, linguaggio ed estetica musicale. Eppure, sotto altri aspetti, finanche vicini. Abbastanza da individuarne un filo conduttore.
La “Sinfonia n.7 op.92” è forse quella in cui Beethoven ha maggiormente profuso ritmi di danza, conferendole così quella che Wagner più tardi chiamerà una “deliziosa esuberanza”, o addirittura come” la più beata attuazione del movimento del corpo idealmente concretato nei suoni”. Dal canto suo, Ciajkovskij infonde alla “Sinfonia n.4 op.36” (specialmente nel 3º e 4º tempo) un carattere quasi analogo, ricavando il materiale tematico dall’enorme serbatoio della musica popolare russa. I temi di Beethoven, però, sebbene anch’essi di sapore talvolta rustico e villereccio, sono di rado riconducibili a melodie tradizionali o comunque preesistenti.
Ad ogni modo, lo spirito della danza pare certo insinuarsi in ambedue gli affreschi sinfonici: vuoi come rifugio da un impietoso e cinico destino (secondo la visione di Ciajkovskij), vuoi semplicemente come formula metrica, che canalizza e dà ordine al fluire dell’ispirazione (nel caso di Beethoven). E chi, meglio di Maazel, potrebbe dar voce all’anima estroversa e universale della danza? Lui, statunitense ma nato a Parigi, è stato uno dei direttori più spesso alla guida dei Wiener Philharmoniker (dal 1980 all’86, e poi nel’94,’96,’99 e 2005) per il consueto e ormai celeberrimo “Concerto di Capodanno” a Vienna.
Ritroviamo dunque il Maazel più sgargiante, più brioso, che si abbandona volentieri a forzature coloristiche, che chiede alla Filarmonica un’incisività spesso graffiante e impetuosa. Come nella Settima beethoveniana, spettacolare, dionisiaca, ma di lettura ugualmente lucida e attenta. Le sezioni degli archi, in particolare, sono assai taglienti, aspre, e in certi casi il fraseggio si fa pure aggressivo, o quantomeno di un’agitata incandescenza. Soprattutto nel tempo finale, dove Maazel porta l’orchestra a velocità virtuosistiche, è un assoluto turbinio di pulsazioni ritmiche, una sfrenata apoteosi che trascina la musica di Beethoven a concitazioni vertiginose. Interessante anche l’Allegretto del 2º tempo, l’unico dell’intera sinfonia ad essere in tonalità minore, una sorta di parentesi dolorosa e meditativa, come una nuvola passeggera nella festosità di tutta la Settima. Maazel non indulge qui a sentimentalismi eccessivi, nessuna magniloquente tristezza, preferisce piuttosto un’esecuzione ben controllata, che non metta in luce se non quello che già è scritto sul pentagramma.
Anche Ciajkovskij è interpretato con elevata passione. È una Quarta decisamente fastosa, giocata su una notevole rotondità del suono orchestrale. Ad emergere stavolta sono gli ottoni dal timbro pieno ed abbacinante, le percussioni molto ben curate, i legni nel sontuoso fraseggiare. Una Quarta che senz’altro sarebbe piaciuta anche a Bernstein (partitura da lui amata), per l’affascinante luminosità, per gli impasti timbrici sempre densi in tutto lo strumentale, per la vigorosa intensità dell’Allegro con fuoco che chiude la sinfonia. Insomma, quello di Maazel era un concerto da non perdere, un’occasione per apprezzare lo storico maestro e la Filarmonica in un’ottima esibizione, che si è conclusa fra l’altro con l’ouverture verdiana da “La forza del destino”, splendido e graditissimo bis.