Cagliari, scavi archeologici nell’antica chiesa di Marina Rivelano tracce di mura medioevali e antiche sepolture
di Walter Porcedda
CAGLIARI Santa Lucia, la chiesa in pieno cuore del quartiere della Marina, a duecento metri dal porto è una scatola cinese. Dentro una storia ne è rinchiusa un'altra. Fino, forse, quella dell'antica Karales romana. E magari anche più in là. «Per quanto riguarda il contesto urbano cagliaritano è sicuramente la più antica. E dentro le mura medioevali in Sardegna non mi risulta che ci siano chiese più antiche di queste _ certifica l'architetto Marco Cadinu, autore del progetto e coordinatore scientifico dello scavo archeologico_I pisani all'epoca non avevano ancora costruito il Castello, e questo era un borgo mercantile al tempo di Santa Igia. Nel 1947, la decisione folle di buttare giù la chiesa non lesionata dai bombardamenti. Fu l'arcivescovo Ernesto Maria Piovella a volerlo perché lo Stato Italiano aveva emanato una legge che finanziava la ricostruzione dei luoghi di culto distrutti. Questo spazio fu demolito e asfaltato, per creare uno slargo. Nel 2005 con Don Mario Cugusi preparai un progetto di recupero. L'idea era di riprendere lo spazio per fare una piazza pubblica.
Nel 2007 è intervenuta la Soprintendenza e nel 2011 il Banco di Sardegna ha stanziato 50 mila euro». Ed è qui che si stanno rintracciando pezzi importanti della storia del capoluogo regionale. Sono già sette i pavimenti scoperti. E sotto questi, resti di sepolture. Come le due venute alla luce ieri mattina. Localizzate sotto l'altare centrale. «Non sono solo di confratelli – spiega Cadinu – Ci sono resti nell'ossario, mentre i nobili avevano le loro capelle. Sotto gli altari finivano i più ricchi o i personaggi importanti per la comunità religiosa. Sono sepolture risalenti dalla fine del 500 sino al 700». Ma non è tutto. Sempre in questi giorni, in quella che era la chiesa di Santa Lucia di Civita o di Bagnaria, nella sacrestia di sinistra è emerso un muro, intonacato in parte e con aperture obliterate, che sembrebbe appartenere ad una fase medievale. Si tratta di una struttura profonda, parzialmente demolita e reinterrata prima della apertura del cantiere nel tardo 500. I materiali archeologici sono di notevole rilevanza e di tutte le epoche: chi ha scavato lì quattrocento anni fa aveva a disposizione terre provenienti da un sito ricchissimo di stratigrafie. «Forse una struttura pertinente alla prima chiesa – indica l'archeologa Daniela Musio del gruppo coordinato da Rossana Martorelli e Donatella Mureddu – Tracce cioè risalenti attorno all'anno 1100, Nel 1119 il sito e i terreni erano dei monaci Vittorini di Marsiglia che controllavano anche la chiesa (allora extra muros ndr) di San Saturnino. Abbiamo individuato una fossa aderente al muro, piuttosto profonda e ricca di materiale vario (ceramiche imperiali e repubblicane, ma anche ossa animali, vetri, una moneta illeggibile). Chi ha costruito ha messo mano a stratigrafie risalenti, si può ipotizzare, sino all'epoca punica. Abbiamo persino recuperato un frammento di ossidiana.
Naturalmente i dati sono ancora da catalogare, ma certo non si potrebbe escludere che ci fosse un luogo di culto preesistente». «La Sardegna, d'altra parte – dice Cadinu – è il luogo per eccellenza dei sincretismi religiosi. Siamo pieni di ceramiche romane. Vuol dire che quando hanno sfasciato per costruire la chiesa hanno preso terra dai cortili circostanti. Questa abbondanza di ceramiche anche repubblicane, cioè avanti Cristo, ci dice che una volta individuato il medioevo, sotto troveremo la città romana. Si potrà fare un padiglione coperto, con pavimenti trasparenti, un luogo di accoglienza turistica».