Teatro lirico
CAGLIARI Ora per i sindacati del teatro lirico resta da sbrigare l’impegno più gravoso: ottenere lo sgombero di Marcella Crivellenti dall’ufficio di via Sant’Alenixedda. L’esempio di Piergiorgio Massidda, asserragliato all’autorità portuale malgrado il Consiglio di Stato abbia certificato la sua inadeguatezza al ruolo, incombe anche sulla Fondazione. Per diverse ragioni: c’è un contratto di lavoro ancora valido che il Consiglio di amministrazione, con l’aiuto di un legale, dovrà valutare. Ma prima ancora c’è un consiglio di amministrazione da riportare alla legittimità con l’allontanamento del fotografo quartese Corrado Cabras e il ritorno - sancito dal Tar - di Giorgio Baggiani. Servirà una delibera, ma non appena l’operazione sarà conclusa il presidente Massimo Zedda si ritroverà in minoranza. Ed è con quella nuova configurazione che l’organo amministrativo dovrà affrontare il nodo del possibile ricorso contro le due sentenze del Tar che hanno dato ragione ad Angela Spocci e Mauro Meli silurando la Crivellenti, che dal canto suo non potrà firmare un solo atto amministrativo. Su questi aspetti e sull’assenza dei requisiti per guidare il Lirico da parte della professionista barese il Tar è stato chiarissimo, nonostante alcune interpretazioni artigianali diffuse in questi giorni: quando il giudice Antonio Plaisant fa riferimento all’articolo 9 dello statuto e stabilisce che è stato disatteso sotto ogni profilo, non fa che confermare come manchi qualsiasi certezza sull’esistenza di un curriculum compatibile con i criteri di selezione dei sovrintendenti. Dice in altre parole che la Crivellenti non ha i requisiti e che se pure li avesse i consiglieri di amministrazione, compreso Zedda, non si sono preoccupati di verificarli: gli è bastata la fiducia dichiarata dal presidente-sindaco. D’altronde la stessa Crivellenti sapeva di non possedere i requisiti minimi per puntare alla poltrona più alta del teatro, tant’è che non ha partecipato alla selezione. E’ stato il sindaco Zedda a estrarre di tasca il suo curriculum, ancorando la scelta al rapporto di fiducia e al suo intuito personale. Ma le norme pesano sulle decisioni da prendere molto più della fiducia e dell’intuito, perché qui si tratta di una fondazione che - ha chiarito il Tar - lavora con denaro pubblico e svolge una funzione pubblicistica. Deve quindi seguire le leggi che regolano la pubblica amministrazione. Poi c’è l’inchiesta penale. Il Tar ha confermato l’impianto accusatorio del pm Giangiacomo Pilia: ignorando le regole di selezione che lo stesso Cda della Fondazione si era dato, potrebbe essere stata commessa una violazione di legge a vantaggio della Crivellenti. Qui starebbe l’abuso d’ufficio. Ma in base a una norma recente, la responsabilità delle decisioni di un Cda ricade su tutti i componenti. In questo caso su chi ha votato la delibera finale di nomina della Crivellenti - quella del 28 dicembre - senza aver valutato il suo curriculum. Non a caso il Tar ha riportato nella sentenza il testo delle dichiarazioni a verbale dei consiglieri, soffermandosi su quelle che hanno attribuito un peso vincolante al rapporto di fiducia Zedda-Crivellenti. Una scelta che ha l’aria di essere un suggerimento alla Procura, come avviene spesso. Perché se Zedda ha imposto, malgrado il dissenso di alcuni consiglieri – che per il Tar è manifesto, quello del consigliere Gualtiero Cualbu espresso formalmente - una scelta personale (la nomina del presidente, l’ha definita il giudice Plaisant) gli altri consiglieri si sono attenuti senza preoccuparsi di verificarne la legittimità. Da qui a ipotizzare nuove iscrizioni al registro degli indagati il passo è lungo, di certo le due sentenze speculari del Tar e la terza sul caso Baggiani saranno vagliate con attenzione dal pubblico ministero. (m.l)