VIABILITÀ. Una mattina nelle strade vietate alle due ruote e col limite di 10 chilometri orari per le auto
«I cartelli? Inutili, servono solo a lavare la coscienza del Comune»
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La soluzione più semplice sarebbe quella di tagliare i ficus dai quali vengono giù le bacche che trasformano le strade in autentiche trappole. Sono in tanti a suggerirla, a invocarla: automobilisti, motociclisti e pedoni. Ma non è praticabile. Quelle piante ai lati di viale Trieste, viale Merello, via Amat, viale Trento, viale Regina Elena, piazza del Carmine, piazza Yenne, via dei Conversi e piazza Italia fanno parte del paesaggio urbano. E allora via con i divieti e le limitazioni. Da giorni sono comparsi i cartelli che vietano la circolazione delle moto e delle bici. Per le auto, invece, è stato fissato il limite di velocità a 10 chilometri. Problema risolto?
NESSUNO LI RISPETTA Una mattina qualsiasi, viale Trieste, incrocio con piazza del Carmine. Traffico leggero, non un vigile urbano nei paraggi. Passa un giovane su uno scooter, poi arriva un altro su una moto di grossa cilindrata. «Devo venire a lavorare qui e ho solo lo scooter, che faccio cambio lavoro?», spiega sarcastico Giacomo Sanna. E ancora, una ragazza in bicicletta. In pochi minuti transitano almeno cinque motoveicoli, e un centinaio di auto passa ad andatura sostenuta. In tutte le strade colpite dai divieti imposti dal Comune la situazione si ripete. Mezz'ora più tardi, in piazza del Carmine, c'è un uomo che sta per salire su un grande scooter. Lo sa che le moto non possono passare qui? «E da quando, mi scusi?», domanda cordialmente. Da quando il Comune ha sistemato quei cartelli. «Si faccia gli affari suoi», risponde infastidito, prima di allontanarsi.
COME SE NIENTE FOSSE In piazza Yenne, stesso copione: auto, moto e biciclette la attraversano come se niente fosse. Come se non avvertissero la pericolosità di quella patina oleosa che ha già provocato, tre anni fa in viale Trieste, la morte di un motociclista, e continua a causare altri incidenti, fortunatamente meno gravi. Irresponsabilità, disattenzione? Difficile dire. Ci sono poi le situazioni paradossali: «Qualcuno può spiegare il divieto per bici e ciclomotori in via dei Conversi?», domanda Annalisa Ruggiu. «I cartelli sono oltre la rotatoria, quando non c'è più la possibilità di cambiare strada».
I VIGILI NON VEDONO A tutto questo, si aggiunge il problema dei controlli. Una pattuglia della polizia municipale si ferma in piazza Yenne, di fronte alla statua di Carlo Felice: un vigile donna fischia per far spostare le auto in divieto di sosta. In pochi minuti, la strada torna libera. Nello stesso tempo, però, transitano sul “tappeto oleoso” moto, scooter e auto. «Se questo è accaduto, allora in questa circostanza non abbiamo svolto bene il nostro lavoro», spiega con grande onestà il comandante della polizia municipale, Manuela Atzeni.
«LAVAGGIO DI COSCIENZA» «Fare rispettare le leggi è un dovere delle forze dell'ordine. Ma ogni compito, anche quello dei vigili, va svolto con buonsenso ed equilibrio, guardando anche alla realtà delle cose», dice Pierluigi Mannino, consigliere di opposizione del gruppo Centro giovani-Patto per Cagliari. «La realtà è che quei cartelli sono stati sistemati dal Comune soltanto per lavarsi la coscienza e liberarsi di ogni eventuale responsabilità in caso di incidenti. Ma così facendo, mette in grande difficoltà anche la polizia municipale che, per controllare tutte le strade, avrebbe necessità di più uomini e mezzi. Il problema», continua Mannino, «è che l'amministrazione non ha saputo affrontare il problema alla radice». «I 10 chilometri orari hanno un significato», ha replicato l'assessore alla Viabilità, Mauro Coni. «Significano che è necessario procedere “A passo d'uomo”». Sarà, ma in pochi sembrano essersene accorti.
Mauro Madeddu